È stata presentata nei giorni scorsi a Milano, presso la sede di PwC, l’ultima edizione del report “The Italian NPL market. Ready for the breakthrough”. Lo studio ha analizzato i principali risultati registrati nel 2017 per il comparto dei “non performing loans”, al fine di delineare anche quali saranno le prospettive per l’anno venturo. Secondo quanto emerso dall’analisi, il volume dei crediti deteriorati in gestione alla banche italiane hanno raggiunto a giugno 2017 quota 300 miliardi di euro (con la previsione di arrivare a 250 entro fine anno), mostrando un considerevole calo rispetto ai 324 del 2016 e i 341 del 2015. Nel corso di quest’anno sono stati ceduti Npl per il valore di 64 miliardi, oltre ai 10 miliardi di crediti gestiti direttamente dalle banche. Cavalcando il trend positivo, il 2018 “potrebbe rappresentare l’anno della svolta”, da una parte per la conseguita maturità delle banche nella gestione dei portafogli, dall’altra per le nuove soluzioni nella gestione interna degli Npl, per le cessioni dirette o strutturazione di cartolarizzazioni (anche attraverso GACS) e per la partnership con i player industriali. Pier Paolo Masenza, responsabile financial services deals di Pwc, prevede che “il mercato delle cessioni potrebbe raggiungere nel prossimo anno i 70 miliardi al lordo delle operazioni già annunciate ma non ancora chiuse, come la cartolarizzazione di 26,1 miliardi di Mps”.
Analizzato nel dettaglio, lo studio ha rivelato che i “gross bad loans” sono scesi di 10 miliardi in 6 mesi (da 200 a 190 da gennaio 2017 allo scorso 30 giugno), mentre il valore netto è sceso da 87 a 71 miliardi. Il “bad loan ratio”, ovvero il rapporto tra Npl e crediti attivi, è calato anch’esso dal 5,6% al 4,7%. Gli “unlikely to pay” e i crediti scaduti sono diminuiti rispettivamente da 117 a 104 miliardi e da 7 a 6 miliardi (dati che si riferiscono sempre al 30 giugno scorso).
Altro fattore positivo riguarda le transazioni che nel corso di quest’anno hanno raggiunto livelli record, con cessioni di portafogli che hanno superato il valore di 60 miliardi di euro. Tra queste vanno menzionate le ampie ristrutturazioni riguardanti Veneto Banca e Bp Vicenza (16,8 miliardi), le operazioni di Quaestio sui portafogli delle Casse di Cesena, Rimini e San Miniato e la maxi pulizia di Unicredit (17 miliardi). L’altro elemento di novità è stato rappresentato dall'intensa attività di acquisizione da parte dei servicer, con l'Ipo di doBank e diverse cessioni di piattaforme di gestione degli Npl di proprietà delle banche.
Dal punto di vista geografico, lo stock di crediti deteriorati si concentra nello specifico in Lombardia (21,5% del totale) e nel Lazio (11,8% del totale). Le regioni del Sud Italia registrano i livelli più elevati di “bad loan ratio”, guidati dalla Calabria con il 19,4%, nonostante anch’essa abbia segnato un lieve miglioramento rispetto al 20,2% del 2016.
Infine, ad influenzare la tendenza positiva delle banche italiane nel liberarsi degli Npl c’è stata anche la pressione della Bce con la pubblicazione a marzo della “Guidance on Non-performing loans” e con la pubblicazione del famoso e contestatissimo Addendum del 4 ottobre, che integrava la Guidance in relazione agli accantonamenti e alle svalutazioni, specificando le attese del supervisore in relazioni ai livelli minimi di criteri prudenziali applicabili ai crediti deteriorati.
“Siamo in fase di lenta guarigione” ha commentato Vito Ruscigno, head of Npl di Pwc “ma siamo ancora lontani dalla media europea”. Nonostante i risultati ottenuti, c’è ancora molto lavoro da fare. Sulla base dei dati Eba il “bad loan ratio” in Italia ha toccato il 15% a fine 2016: dieci punti percentuali in più rispetto alla media europea.
A cura della redazione
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