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Accredito su IBAN errato: quale responsabilità ha la banca?

L’istituto di credito che ha versato una somma di denaro su un IBAN errato non può rifiutarsi di comunicare al pagatore i dati del terzo. La privacy, in questo caso, non può essere tutelata a discapito dell’accipiens.

La banca che dispone di un accredito indicato in modo errato dall’utente è responsabile nei confronti del beneficiario. Lo stabilisce la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 17415/2024, che pone la sua attenzione sul tema del “contatto sociale qualificato”.

Il caso

In prima istanza il Tribunale di Brescia aveva accertato che la Banca aveva tenuto un comportamento negligente. L’istituto, infatti, non aveva proceduto alla verifica della corrispondenza tra codice IBAN e nome del beneficiario. Impugnata la sentenza, la Corte d’Appello ha confermato quanto stabilito in primo grado, evidenziando che la Banca non aveva fatto nulla per tentare di recuperare le somme pagate. La Banca si è dunque rivolta alla Cassazione, che con un’ordinanza ha rigettato il ricorso. 

La decisione della Cassazione

Nel dare la sua motivazione la Cassazione ha ritenuto rilevante il cosiddetto “contatto sociale qualificato”. Non avendo nessun tipo di rapporto con il prestatore di servizi, il beneficiario doveva essere tutelato dall’intermediario. L’istituto, invece, non solo non è riuscito a garantire protezione a tutti i soggetti coinvolti nelle operazioni, ma non ha fatto nulla per evitare possibili errori.

La banca avrebbe dovuto interrompere l’esecuzione delle prestazioni, informare l’utente di quanto avvenuto e individuare la procedura da seguire per ripristinarne la regolarità. Ma così non è stato, perché l’istituto non si è attivato per portare a termine le operazioni nel modo corretto e rispettare i doveri di diligenza e buona fede imposti dalla legge.

IBAN errato: la privacy può non essere rispettata

La banca deve dimostrare di aver adottato tutte le cautele del caso per evitare errori, e aiutare il vero beneficiario del bonifico a capire a chi è stato effettuato il pagamento errato.

Nonostante la banca non sia tenuta a verificare l’esattezza delle informazioni ricevute dall’utente, resta di fatto responsabile nei confronti del beneficiario insoddisfatto per l’indicazione errata dell’IBAN.

La somma di denaro versata erroneamente a favore di un terzo non legittimato a riceverla fa venire meno il diritto alla privacy. In questo caso il GDPR dispone che il trattamento dei dati non sia vietato per “accertare, esercitare o difendere un diritto in giudizio”.

Il pagatore può quindi venire a conoscenza dei dati anagrafici o societari del terzo che abbia ricevuto il bonifico illegittimamente a causa di un errore dell’IBAN. Il prestatore di servizi di pagamento, dal canto suo, non può rifiutarsi per tutelarne la privacy.

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