Lo dice l’Ocse nel suo ultimo report sull’economia italiana, presentato a Roma il 6 settembre scorso
Sebbene nel nostro Paese “la resilienza del settore bancario sia migliorata, i crediti deteriorati rimangono elevati”. Lo ha messo nero su bianco l’Ocse (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) nel suo rapporto “Studi economici: Italia 2021”, presentato a Roma lo scorso 6 settembre alla presenza del ministro dell’Economia Daniele Franco. L’Ocse inoltre ha ricordato che “le maggiori insolvenze post-Covid accrescono i rischi a cui sono esposti i bilanci bancari”.
Il rapporto ha altresì suggerito all’Italia di “introdurre standard di mercato per la valutazione dei prestiti potenzialmente inesigibili e continuare a incoraggiare le banche a vendere le esposizioni in sofferenza attraverso supervisione e garanzie rigorose, e incentivare la cartolarizzazione”. Il mercato ben sviluppato dei crediti deteriorati può infatti svolgere un ruolo chiave nella redistribuzione del credito nella fase di ripresa post-Covid.
La ricerca segnala poi che i tribunali italiani e il sistema di allarme rapido rischiano di essere sopraffatti dalla mole di lavoro con la progressiva ripresa economica dalla crisi e ha proposto di aumentare le risorse destinate ai tribunali “affinché gestiscano meglio il lavoro arretrato e potenzino la celerità e l’efficienza delle procedure giudiziarie civili”. In tal senso, per l’Ocse è necessario “potenziare il sistema di allarme rapido con procedure digitalizzate per ridurre il carico di lavoro nel medio termine e incoraggiare il ricorso a procedure di composizione extragiudiziale, anche attraverso incentivi finanziari”.
L’atteso codice della crisi d’impresa potrebbe poi “agevolare una ristrutturazione più rapida ed efficace delle imprese”. Per quelle le imprese non redditizie e destinate al fallimento, dovrebbero essere “messi in atto processi di soluzione rapida”. Inoltre, il costo dei fallimenti potrebbe essere abbassato riducendo “le asimmetrie informative tra le banche e i possibili acquirenti delle attività di credito, che si accentuano durante le fasi di crisi”.
Per quanto riguarda la nostra economia, l’organizzazione nel suo studio prevede una crescita del Pil del 5,9% per quest’anno e del 4,1% nel 2022. Tuttavia, in Italia “la ripresa continuerà a ritardare, con un Pil che recupererà i livelli del 2019 solo nel primo semestre del 2022”. L’Ocse inoltre prevede altresì “un aumento dei consumi allorché le famiglie saranno in grado di utilizzare parte dei loro risparmi e i livelli di occupazione aumenteranno”. Ecco perché l’organizzazione internazionale suggerisce una politica fiscale che continui a sostenere famiglie e imprese “fino a quando la ripresa non sarà consolidata e più mirata”. Anche perché, avverte l’Ocse, “revocare prematuramente il sostegno alla liquidità potrebbe indurre alla bancarotta imprese che, in condizioni differenti, sarebbero profittevoli. Aumenterebbero altresì i livelli di disoccupazione e povertà, già notevoli prima del Covid, penalizzando in primis i giovani e le donne.”
Ad ogni modo, l’Ocse è ottimista per il futuro del nostro Paese, alla luce del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza). “Le possibilità di attuare con successo le riforme strutturali sono ora maggiori che in passato, perché il PNRR stabilisce tappe fondamentali e obiettivi specifici al cui raggiungimento è subordinato l’esborso delle sovvenzioni e dei prestiti a valere su Next Generation EU”. E il piano italiano “combina un’ambiziosa agenda di riforme strutturali e ingenti investimenti, offrendo un’opportunità unica di transizione verso una crescita più produttiva e decarbonizzata”. L’agenda legislativa per la realizzazione delle riforme sarà impegnativa. Tuttavia, la legislazione recentemente approvata per semplificare gli investimenti verdi e sostenere il processo decisionale per l’Ocse “rappresenta già un primo passo positivo”.