L’Area Studi Mediobanca ha analizzato l’impatto della pandemia sui bilanci dei primi nove mesi del 2020 di oltre 160 multinazionali industriali mondiali e delle 26 società industriali e di servizi dell’indice FTSE MIB
Le società appartenenti al paniere FTSE MIB nei primi nove mesi del 2020 hanno bruciato 46 miliardi di euro di capitalizzazione (-12,6% da inizio anno) a causa della pesante perdita del primo trimestre (-83 miliardi, -22,8%), leggermente compensata della ripresa del secondo (+38 miliardi, +13,7%); più lieve, invece, il calo del terzo trimestre (-1 miliardo -0,4%). Segnali di rialzo si sono, invece, registrati da fine settembre al 16 novembre con un recupero di 35 miliardi (+11,0%). È quanto emerge dai dati diffusi dall’Area studi Mediobanca nel report “Gli effetti del covid-19 sui primi nove mesi del 2020 delle multinazionali e del Ftse Mib”.
A fine settembre 2020 le società industriali e di servizi del FTSE MIB valgono in Borsa 318 miliardi e rappresentano il 76% della capitalizzazione totale (escluse finanza e assicurazioni). A livello settoriale la capitalizzazione del petrolifero registra la contrazione maggiore (-51,8%), seguita dai servizi (-19,8%) e dalla manifattura (-8%). Tra le aziende che hanno migliorato le performance, nei nove mesi presi in esame, spiccano DiaSorin (+48,4%), Amplifon (+19,7%), Recordati (+16,5%), Prysmian (+15,0%), Davide Campari-Milano (+13,8%) e Interpump Group (+12,3%).
Dal lato dei ricavi, in nove mesi, le società hanno registrato una perdita di oltre 64 miliardi (-21,6%). Nel terzo trimestre la manifattura si è dimostrata più reattiva, evidenziando il maggior rimbalzo del fatturato (+56,1% sul 2Q), migliore rispetto al +39,1% dell’intero FTSE MIB. Il migliore risultato è stato messo a segno da DiaSorin (+16,2%), l’unica a toccare una crescita a doppia cifra.
Nei primi nove mesi del 2020 le società analizzate hanno perso oltre 18 miliardi a livello di margini industriali (-53,3%). Nonostante la contrazione rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente sia alta (-65,6%), nel terzo trimestre la manifattura è riuscita a invertire il trend tornando in positivo.
Sul fronte dei profitti, invece, le perdite ammontano a oltre 20 miliardi di euro. Solo il comparto energia/utilities e quello dei servizi hanno chiuso in utile
Per quanto riguarda la struttura finanziaria si evidenzia un ulteriore deterioramento per tutti i settori, risultato dell’incremento dell’indebitamento (+12,1%) e della contrazione dei mezzi propri (-9,1%). Il rapporto debiti finanziari/capitale netto tocca ora quota 146,5% (dal 118,7% di fine dicembre 2019, +27,8 p.p. in nove mesi). A ricorrere maggiormente alla leva finanziaria è il settore dei servizi (rapporto debiti finanziari/capitale netto pari a 231,7%) e l’energia/utilities (163,7%). Seguono la manifattura (112,4%) e il petrolifero rappresentato da Eni (89,5%).
Nei primi nove mesi del 2020 l’impatto della pandemia si è ovviamente fatto sentire anche sull’economia reale, con il fatturato delle multinazionali industriali analizzate in contrazione del 4,3% rispetto all’anno precedente. Fanno, invece, eccezione le WebSoft (+18,4% a/a), la GDO (+8,8%), il settore elettronico (+5,7%) e l’alimentare (+3,7%) che sono gli unici comparti ad aver incrementato il fatturato in tutti e tre i trimestri dell’anno. Bene anche le aziende farmaceutiche (+3,1%) e le PayTech (+0,3%). Le multinazionali petrolifere (-32,3%) sono invece quelle ad aver pagato maggiormente il difficile momento insieme al comparto aeronautico (-30,6%), alla Moda (-21,3%) e all’Automotive (-17,4%). Contrazione più contenuta, invece, per i settori Media&Entertainment (-9,4%), Bevande (-5,4%) e Telco (-1,8%).
Il risultato netto nei primi 9 mesi del 2020 presenta il segno meno, con le WebSoft (+21,8%), la GDO (+19,2%) e il comparto elettronico (+11,6%) in forte controtendenza. Pesanti invece le ripercussioni per i mezzi di trasporto, la moda e il petrolifero.