La Cassazione ha stabilito che la deduzione sulla svalutazione integrale di un credito non comporta un indebito vantaggio fiscale per il contribuente qualora la perdita non debba considerarsi definitiva
La deduzione di una perdita su crediti non comporta un indebito vantaggio fiscale se l’imputazione a conto economico della svalutazione del credito è stata effettuata esclusivamente sulla base di un rischio di inesigibilità non ancora definitiva. Con l’ordinanza numero 10685 del 4 maggio 2018, la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso presentato dall’Agenzia delle entrate, che verteva sulla tesi che la svalutazione di un credito dev’essere collegata all’eventuale recupero, anche parziale, dello stesso e che, viceversa, se il credito viene iscritto in bilancio per un valore di realizzo pari a zero, significa che il contribuente reputa che esso non sia recuperabile e quindi dev’essere imputato a perdita. Sempre secondo l’Agenzia delle entrate, considerando una svalutazione quella che in realtà era una perdita, il contribuente avrebbe ricevuto un indebito vantaggio fiscale, che consisteva nella deducibilità integrale del credito senza ripercussioni sul fondo rischio generico e senza dover fornire la prova dell’esistenza di elementi certi e precisi comprovanti la perdita.
La Cassazione ha stabilito invece che l’imputazione a conto economico di una svalutazione di un credito, indipendentemente dal criterio quantitativo (nella fattispecie la svalutazione era integrale, dunque con un valore pari a zero), è conforme ai principi di redazione del bilancio sanciti dagli articoli 2423, comma 2 e 2426, n. 8 del codice civile, in base ai quali nelle società di capitali il bilancio deve rispondere a criteri di chiarezza, veridicità e correttezza e i crediti devono essere iscritti secondo il presumibile valore di realizzazione. I giudici hanno sottolineato che la discriminante tra perdite su crediti e svalutazione dei crediti consiste nella definitiva inesigibilità del credito stesso. In sintesi, si ha una perdita quando il credito è divenuto definitivamente inesigibile, mentre la svalutazione totale o parziale del credito presuppone una perdita potenziale, probabile, ma non ancora definitiva.
Sempre secondo la Cassazione inoltre, la svalutazione integrale del credito non determina l’elusione delle prescrizioni sulla deducibilità di quel componente attivo, perché se il credito, interamente svalutato, successivamente venisse definitivamente perso, non si avrebbe alcuna corrispondente deduzione in quanto già contabilizzata. Viceversa, l’iscrizione della perdita sul credito, non preventivamente svalutato, avrebbe assunto rilevanza fiscale, perché la stessa perdita deducibile sarebbe stata determinata, ai sensi dell’articolo 106, comma 5, con riferimento al valore di bilancio del credito non svalutato precedentemente.