Secondo una ricerca del Centro Studi October, l’Italia figura tra i Paesi europei più colpiti dalla stretta creditizia: tra i principali motivi gli Npl e non solo
In un periodo di tempo compreso tra il 2008 e il 2018, l’Italia compare nella lista nera dei Paesi europei più colpiti dal credit crunch, ossia dalla restrizione creditizia. È quanto emerso da una recente ricerca del Centro Studi October, piattaforma di finanziamento online per le imprese leader in Europa. Nell’intervallo di tempo preso in esame da October si sono succedute due pesanti crisi economiche, nel 2008 e nel 2011, che hanno rallentato lo sviluppo dell’economia nella zona euro con forti ripercussioni sull’erogazione del credito alle imprese.
Una delle cause principali per la riduzione dei prestiti alle imprese è stato l’aumento dei crediti deteriorati nei bilanci delle banche europee, nello specifico come ha sottolineato Sergio Zocchi, Ceo di October Italia, “l’elevato rapporto tra sofferenze e attivi”. In Italia, con il passare degli anni, l’Npl ratio è aumentato progressivamente arrivando a toccare la soglia del 14%. A tutto ciò si aggiunge l’introduzione da parte del legislatore europeo di requisiti patrimoniali e reddituali sempre più stringenti per l’accesso al credito. Questo ha comportato, tra il decennio 2008 e 2018, una riduzione del volume dei finanziamenti alle imprese di un tasso medio annuo del 2%.
Eppure per gli altri Paesi dell’Unione europea non è andata così male. Fatta eccezione della Spagna (con una riduzione del 7% medio annuo), il volume dei prestiti alle imprese da parte delle banche francesi, tedesche e olandesi è rimasto piuttosto stabile. Anche Npl ratio di Germania, Francia e Olanda è rimasto sotto la soglia di controllo, motivo per cui secondo October il fattore macroeconomico non è determinante ai fini dell’analisi.
Infatti, in Paesi come l’Italia, i motivi che hanno comportato un aumento dei crediti deteriorati in seno al sistema bancario sono rintracciabili in dei fattori così detti sistemici quali, “le inefficienze nel recupero crediti, la lentezza dei procedimenti giudiziali e l’assenza di un mercato secondario delle esposizioni in sofferenza che permettesse alle banche di cedere questi crediti, liberando così risorse a favore delle imprese e dell’economia reale”.