La notizia è di questi giorni: il tanto demonizzato social network Facebook per una volta si è rivelato utile per arginare il fenomeno dei “furbetti del fisco”.
La notizia arriva dall’Australia ed è stata riportata sul quotidiano “The Australian”, ma, vista la portata del recupero che ha permesso alle agenzie delle entrate, non è detto che non venga applicata anche nel resto del mondo.
Ebbene, attenzione a post e foto che, se da un lato permettono di avere diffusioni e usi non preventivati da terzi, ora diventano anche una forma di controllo per la lotta all’evasione.
Meglio di un segugio, Facebook è quel contenitore di informazioni a cui l’utente medio affida ricordi, gioie e dolori, condivide con amici notizie, foto e avventure. Con grande ingenuità viene ritenuto sicuro e innocente, ma Facebook vive di vita propria e può anche ritorcersi contro i propri utenti.
Questo è ciò che è successo in Australia, dove l’agenzia delle entrate ha acceso il Grande Fratello del fisco recuperando quasi 10 miliardi di dollari australiani, pari a circa 7 miliardi di euro. Praticamente quasi un terzo di una manovra finanziaria italiana.
L’operazione è partita dai vertici dell’Australian Taxation Office, il cui direttore Chris Jordan ha subito chiarito che il meticoloso controllo dei post è stato attuato solo su profili sospetti, ovvero quelli che lasciavano intendere evidenti dissonanze fra reddito dichiarato e stile di vita. Uno stile di vita però ostentato sui social network.
Attenzione quindi a ciò che si posta, perché l’esattore con la cartella pronta potrebbe presentarsi non più in maniche di camicia, occhiali e cravatta, ma armato di smartphone e di una vita social. E, come si sa, tutto ciò che si affida a Facebook diventa proprietà di Facebook, che può disporne come meglio crede.
di Katja Casagranda
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