La diffusione dei deepfake sta generando una serie di problematiche nel mondo del cinema, ma sono un potenziale pericolo per tutti noi.
Che cosa sono i deepfake?
Il termine deepfake deriva dall’inglese e unisce “deep learning” e “fake”. Il “deep learning” è una branca dell’intelligenza artificiale che crea sistemi di reti neurali che possono elaborare dei dati molto complessi. “Fake” invece vuol dire “falso”. Il deepfake è quindi questa tecnologia che modifica video, immagini o audio mediante l’impiego delle reti neurali e dell’intelligenza artificiale. I nuovi contenuti sono quindi dei falsi ma di ottima fattura, talmente realistici da essere molto difficili da individuare.
La diffusione e i rischi per la privacy
Al giorno d’oggi, chiunque è potenzialmente in grado di creare dei deepfake. Ci sono delle app che consentono di produrre dei contenuti in modo semplice e per cui non sono necessarie competenze particolari la cui qualità è piuttosto modesta, tanto da risultare evidente che siamo di fronte a dei falsi.
Esistono poi dei programmi molto più complessi e costosi che consentono invece di ottenere dei risultati molto più realistici. È il caso dei prodotti impiegati nell’industria cinematografica, di una qualità indubbiamente molto elevata.
Pur non essendo illegali, può esserlo l’uso che viene fatto di questi deepfake. I malintenzionati, infatti, possono generare dei contenuti che danneggiano l’immagine dei soggetti che vengono rappresentati.
L’impiego dei deepfake nel cinema e le controversie
I deepfake consentono di creare dei filmati in cui gli attori vengono ringiovaniti o invecchiati. Così come è possibile nascondere le controfigure o girare le scene senza truccare i soggetti, andando a modificare le immagini in un secondo momento.
Essendo disponibili in rete un numero molto elevato di immagini e filmati di attori e attrici di Hollywood, la loro richiesta è quella di tutelare lo sfruttamento della propria immagine e della loro voce. Il sindacato degli attori (SAG-AFTRA) sta cercando di far aggiornare i contratti collettivi introducendo una forma di tutela dell’immagine digitale. Il tentativo riguarda l’inserimento nei contratti delle finalità per cui quei dati digitali possono venire utilizzati.