Le donne che studiano o lavorano in settori STEM sono in aumento, ma in tante situazioni non vengono riconosciuti loro i dovuti meriti.
Secondo i dati del Ministero dell’Università, il 22% delle ragazze iscritte all’università ha scelto un percorso di laurea in area STEM. L’acronimo inglese, che letteralmente significa Science, Technology, Engineering, Mathematics, indica più generalmente le materie scientifiche.
I corsi in cui si registra il maggiore aumento di iscrizioni al femminile sono quelli di informatica e delle tecnologie ICT (+15%). A livello europeo, l’Italia ha una percentuale di ragazze iscritte a corsi scientifici superiore rispetto alla media.
Sebbene siano numericamente la metà rispetto ai loro colleghi maschi, sono per lo più le donne che riescono a concludere il loro corso di laurea (50% contro 48%). E lo fanno anche con una valutazione media leggermente superiore (107,3 contro 106,4), anche se questo non sembra avere alcuna rilevanza nel mondo del lavoro.
A un anno dalla laurea, ad aver trovato un’occupazione è il 91,8% degli uomini laureati in facoltà STEM, contro l’89,3% delle donne. E la retribuzione media degli uomini è leggermente superiore rispetto a quella delle colleghe donne.
Gender Gap nelle discipline STEM
Secondo il rapporto, il gender gap nelle discipline scientifiche e tecnologiche inizia a formarsi già a 6 anni. A quest’età si crea un divario tra le prospettive per le bambine e quelle apparentemente più semplici per i bambini. Questa differenza di sogni per il futuro, conosciuta come gender dream gap, deve essere combattuta fornendo nuovi modelli di donne impegnate in materie STEM. Le bambine devono sapere che ci sono altre ragazze come loro che hanno intrapreso questi percorsi professionali. Il report rivela infatti che il 50% delle bambine interessate alle materie scientifiche non conosce altre donne che lavorano in questi settori.
Ridurre il gender gap nel settore STEM è essenziale, perché può avere importanti ripercussioni sulla società di domani. La Commissione Europea sottolinea infatti che le discipline scientifiche e matematiche sono “fondamentali per guidare la doppia transizione verso un’economia verde e digitale, in un momento di rapida innovazione tecnologica”.
L’assenza delle donne alla codifica degli algoritmi dell’intelligenza artificiale rappresenta un pericolo perché, senza il loro contributo, l’IA non farà che aumentare gli stereotipi di genere.
Pregiudizi e frasi non inclusive
Secondo una ricerca di SheTech, sono davvero tanti i pregiudizi e gli stereotipi di genere che le donne devono affrontare sul lavoro in ambito STEM.
Il luogo comune più radicato, segnalato dal 73,9% delle intervistate, è quello secondo cui le donne avrebbero bisogno di un migliore work-like balance. Ma questo sarebbe in netto contrasto con i ritmi competitivi che richiede un lavoro in ambito tecnico-scientifico.
A seguire, con il 71,5%, si riscontra ancora un abuso dei termini “signora” e “signorina” a dispetto del titolo di studio o dei risultati sul lavoro. “Dottore” o “ingegnere” restano riservati al collega uomo; per il 69,4% esiste ancora la convinzione che “una donna non sarà mai brava quanto un uomo”.
Il 63,9% sostiene che esiste un pregiudizio secondo cui le donne che lavorano in materie legate all’informatica sono tutte delle “nerd”.
Infine, secondo il 58%, gli uomini che lavorano in settori tecnologici faticano ad accettare una responsabile donna.