L’ex premier Mario Draghi critica l’austerità e invita l’Europa a cambiare modello economico. Salari bassi e investimenti insufficienti stanno bloccando la crescita del Vecchio Continente. Servono riforme strutturali e politiche fiscali più coraggiose per affrontare le sfide del domani.
Draghi contro l’austerity: il modello economico attuale è insostenibile
Durante il Simposio annuale del Centre for Economic Policy Research (CEPR) a Parigi, l’ex premier Mario Draghi ha lanciato un chiaro monito: l’Europa deve abbandonare le politiche di austerità basate su salari bassi e sulla competitività esterna. Secondo Draghi, il vecchio modello economico, che favorisce l’export a discapito della domanda interna, non è più sostenibile.
L’ex presidente della Bce sostiene che, sebbene l’Europa abbia attraversato una congiuntura economica favorevole con tassi di occupazione in crescita, la rinuncia a utilizzare lo spazio fiscale per sostenere la domanda interna ha aggravato le difficoltà economiche. La soluzione proposta da Draghi prevede un periodo di aggiustamento di sette anni, durante il quale liberare 700 miliardi di euro per gli investimenti pubblici. Questi fondi servirebbero a finanziare riforme strutturali cruciali, in mancanza di un debito comune europeo.
Riforme strutturali e politiche per una crescita sostenibile
La visione di Mario Draghi contro l’austerità include un nuovo approccio alle riforme strutturali. Se in passato queste riforme miravano a rendere il mercato del lavoro più flessibile e a comprimere i salari, oggi devono puntare sull’aumento della produttività senza penalizzare l’occupazione. La chiave, secondo Draghi, è la riqualificazione della forza lavoro e una maggiore efficienza degli investimenti pubblici.
In questo contesto, completare il mercato unico europeo e sviluppare un solido mercato dei capitali sono essenziali per sostenere la crescita della produttività. Draghi sottolinea, inoltre, che un migliore utilizzo delle politiche macroeconomiche potrebbe mitigare i periodi di crescita insufficiente. L’emissione di debito congiunto europeo rappresenterebbe un’opportunità per creare ulteriore spazio fiscale e rafforzare la stabilità economica. In mancanza di un debito comune, è necessario migliorare la composizione della spesa fiscale, favorendo gli investimenti pubblici e aumentare il coordinamento tra gli Stati membri.
Per le sfide future serve un cambio di rotta
L’intervento di Draghi contro l’austerità non lascia spazio a equivoci: l’Europa non può permettersi di ignorare le sfide economiche e sociali incombenti. Se il tasso di crescita della produttività continuerà a seguire il trend dal 2015 ad oggi, tra 25 anni l’economia europea avrà le stesse dimensioni attuali. Nel frattempo, le spese per pensioni, energia, difesa e digitalizzazione cresceranno in modo insostenibile.
Le cifre delineano uno scenario preoccupante: le passività pensionistiche non finanziate nei Paesi dell’UE variano dal 150% al 500% del PIL. Inoltre, secondo le stime della Commissione Europea e della BCE, sono necessari tra i 750 e gli 800 miliardi di euro all’anno per investimenti in settori strategici come energia, difesa, digitalizzazione e ricerca. A queste esigenze si aggiungono gli obiettivi di adattamento climatico e protezione ambientale.