Diversi media hanno evidenziato il rischio di un aumento della pressione fiscale, in particolare per il ceto medio, ma il Mef ha replicato spiegando che si tratta di un’interpretazione “fuorviante”: le imposte in realtà andranno a diminure.
La riforma fiscale voluta dal governo Meloni introduce importanti novità, per l’anno nuovo, che mirano a semplificare il sistema tributario e a ridurre il carico fiscale sul lavoro. Ma tra la teoria e la pratica sono sorte delle perplessità. Secondo alcune analisi ci sarebbe il rischio di un effetto a cascata, che potrebbe portare a potenziali aumenti per alcune fasce di reddito. A trovarsi in maggior difficoltà sarebbe proprio quel ceto medio, che la riforma avrebbero dovuto aiutare.
I principali quotidiani italiani – dopo aver preso visione della relazione sulla manovra dell’ufficio di bilancio – hanno evidenziato la comparsa di un’aliquota aggiuntiva per i redditi medi compresi tra i 32 e i 40 mila euro. Un’aliquota che di fatto esiste – ed è del 12,5% – ma che ha un preciso scopo: andare a sostituire alcune distorsioni precedenti che la rendevano ancora più alta. A spiegarlo è stato proprio il Ministero dell’Economia e delle Finanze.
Per entrare nel merito, è necessario partire dai cambiamenti introdotti dalla manovra 2025.
Le nuove detrazioni
Con la nuova legge di Bilancio, l’Irpef si conferma e stabilizza i tre scaglioni:
- Il 23% per i redditi fino a 28.000 euro.
- Il 35% per quelli compresi tra 28.000 e 50.000 euro.
- Il 43% per i redditi superiori.
Nel contempo però, è prevista una modifica delle detrazioni per i lavoratori dipendenti:
- Per chi ha redditi da lavoro fino a 20 mila euro verrà introdotta una somma aggiuntiva non tassabile, che varia in funzione del guadagno (7,1% – 5,3% – 4,8%);
- Per i redditi tra i 20 mila e i 32 mila euro ci sarà uno sgravio fiscale di mille euro fissi.
- Per i redditi sopra i 32 mila euro e fino ai 44 mila euro si attuerà una progressiva riduzione dello sgravio.
Un cambiamento che potrebbe avere effetti indesiderati, ovvero – come accennato poc’anzi – potrebbe penalizzare in particolare il ceto medio. I redditi compresi tra 32.000 e 40.000 euro rischiano di rimanere vittime di un aumento rilevante della pressione fiscale effettiva, con aliquote che potrebbero superare il 56%.
Le aliquote effettive diventano 6
Come spiega nel dettaglio il Corriere della Sera, il meccanismo delle detrazioni decrescenti moltiplica le aliquote effettive, che diventano – già quest’anno – 4 e non 3. Nel 2025, diventeranno 6, con 4 scaglioni compresi tra l’aliquota del 23%, fino a 15 mila euro, e quella del 43%, oltre i 50 mila euro. Questo sistema, unito alla graduale rimozione degli sgravi fiscali introdotti in passato, genera un aumento deciso delle imposte dovute.
In concreto gli scaglioni effettivi saranno i seguenti:
- Aliquota del 23% fino a 15 mila euro.
- Aliquota del 32,15% tra i 15 mila e i 28 mila euro.
- Aliquota del 40,41% tra i 28 mila e i 32 mila euro.
- Aliquota del 56,18% tra i 32 mila e i 40 mila euro.
- Aliquota del 43,68% tra i 40 mila e i 50 mila euro.
- Aliquota del 43% oltre i 50 mila euro.
In buona sostanza, l’apparente semplificazione a 3 aliquote – voluta dal governo – finisce in realtà col complicare le cose e rendere la pressione fiscale particolarmente elevata per il ceto “più fragile”. A rendere il quadro ancor più complesso sono le addizionali regionali e comunali che restano ancorate a un sistema a quattro aliquote, aggravando ulteriormente il carico fiscale per queste categorie.
Il Mef: “Interpretazione fuorviante”
Alle polemiche sollevate, il Ministero delle Economia e delle Finanze ha replicato spiegando che quella diffusa dai media, “è un’interpretazione forzata e fuorviante che non prende in considerazione la totalità delle misure, che portano benefici fiscali in favore dei redditi medi. Il combinato effetto del taglio del cuneo, detrazioni e tagli fiscali, contenuti nella manovra economica 2025, porta vantaggi economici incontrovertibili su tutti i redditi fino a 40mila euro”.
La nota del Mef, conferma dunque che, “il prelievo fiscale per i lavoratori dipendenti che ricadono nel suddetto intervallo di reddito diminuirà, grazie agli interventi in esame, sia con riferimento al 2024 – anno in cui erano in vigore provvedimenti temporanei – sia con riferimento alla normativa previgente”.
Inoltre, chiarisce che, “l’aliquota aggiuntiva del 12,5% va a sostituire una serie di anomalie precedenti che la rendevano ancora più alta. L’aliquota complessiva scende e non c’è nessuna ‘beffa’ per la classe media”.
Ministero: “L’aliquota complessiva scende”
Il Ministero aggiunge che a definire la variazione della pressione fiscale è l’aliquota media. E ricorda che la stessa aliquota media Irpef, che grava sui redditi pari a 32 mila, 35 mila e 40 mila euro, “diminuisce per effetto sia della detrazione aggiuntiva prevista nel ddl Bilancio, sia della riduzione della seconda aliquota Irpef dal 25% al 23%”.
Infine, l’analisi del Mef spiega che non è reale nemmeno l’aumento al 56% dell’aliquota marginale, per effetto delle misure della manovra: “L’aliquota del 56%, infatti, è la somma dell’aliquota legale (35%), dell’aliquota marginale implicita della nuova detrazione aggiuntiva (12,5%, unico effetto sull’aliquota marginale derivante dalle misure introdotte dal ddl bilancio) e della detrazione per tipologia di reddito (8,68%) giungendo quindi a 56,18% (35%+12.5%+8,68%)”.