Anche in economia promesse e boutade si sono sprecate nel corso della campagna elettorale. Noi, nel nostro piccolo, chiediamo solo considerazione per le annose questioni, piccole o grandi, che periodicamente solleviamo anche qui.
Sostenere le piccole e medie imprese, cuore della produttività nazionale? Ok, ci siamo.
Combattere la disoccupazione giovanile? Magari! Rilanciare, in poche parole, l’economia e sostenere il mercato del lavoro? Chi se ne faccia carico avrà tutto il nostro sincero appoggio.
L’avrete capito, parliamo di elezioni politiche, in programma per la prima domenica di marzo, e di programmi, in particolare dei punti legati alle questioni economiche. O meglio di promesse e anche di fanfaronate belle e buone, a un primo esame mai sfacciate come in occasione di questa tornata di voto, Tese a “colpire e affondare” il ventre molle di un elettorato ancora esausto, dopo la lunga crisi, e non del tutto rincuorato, soprattutto alla prova del portafoglio usato per fare la spesa, dai timidi segnali di ripresa del Paese.
Ma diamo una breve occhiata, un po’ più nel dettaglio – senza approfondire troppo e senza collegare sigle o raggruppamenti alle proposte – ad alcuni tra i più gettonati impegni presi dalle forze politiche italiane in questa lunga, rumorosa e scomposta campagna elettorale.
C’è chi parla di riduzione dal 24 al 22% di Ires e Iri e d’incremento della deducibilità dell’Imu. Approviamo senza riserve. E siamo quasi commossi di fronte all’idea di “rimuovere gli ostacoli burocratici che frenano lo sviluppo delle piccole e medie imprese”.
Qualcuno parla, pari pari, di “piena occupazione per i giovani attraverso stage, lavoro e formazione”. Un po’ vago, ma come potrebbe non piacerci?
Ci si spalanca letteralmente il cuore all’udire notizia del prossimo “pagamento immediato di tutti i debiti della pubblica amministrazione nei confronti delle imprese”. Troppe volte negli ultimi anni, in questo campo l’annunciata montagna ha partorito il debilitato topolino. Che sia la volta buona? Una rapida considerazione raffredda però, in fretta, il precoce entusiasmo: nel 2017 la Cgia di Mestre stimava in 34 miliardi di euro le fatture scadute e ancora non pagate dallo Stato. Soldi che le PA dovrebbero avere in cassa, bloccati però dal patto di stabilità. Come sarà rimosso oggi, nel caso, quest’ostacolo? Nebbia fitta. Cresce la preoccupazione che si tratti dell’ultima sparata.
Passiamo allora, speranzosi, alla “tassa sui robot”, che dovrà compensare“ il costo sociale in termini occupazionali che l’innovazione tecnologica inevitabilmente comporterà”. Bene, bravi, bis! Poi ci assale un dubbio, che lentamente si trasforma in sudore freddo. Le aziende italiane, specie nei distretti più avanzati, oggi ricorrono già ampiamente ad automazione avanzata. I paletti e i distinguo sulla tecnologia dovranno essere fissati dal legislatore nazionale? Sentiamo puzza di rinvio sine die, o addirittura di fregatura.
E come non applaudire a un generoso intento trasversale, gradito a tutti, come quello di ridurre l’orario di lavoro, incoraggiando il part-time lungo e disincentivando gli straordinari? Anche qui però, dopo aver assaporato mentalmente caldi futuri pomeriggi passati giocando a tennis o a golf, veniamo presi da una sottile perplessità. Costi ed efficacia della misura sono ben calcolati?
Inoltre ci assilla, alla fine dei conti, un grande punto di domanda, aleggiante sopra tutte le promesse grandi e piccole: e il debito pubblico?
Chi voterà, vedrà.
Noi siamo ragazzi semplici. Come operatori della sicurezza, delle investigazioni, della gestione del credito ci basterebbero poche cose, ci accontenteremmo che qualcuno prendesse a cuore alcune delle questioni più pressanti. Per esempio, una normativa definitiva e chiara sugli NPL; chiarezza sull’applicazione delle nuove norme sulla privacy e sulla partecipazione alla riscossione dei crediti della PA; qualche intervento a proposito di cyberbullismo; una parola sull’accesso alle banche dati della pubblica amministrazione; la collaborazione della vigilanza privata per la sicurezza delle strade. E cento altre piccole o grandi istanze, che riteniamo soprattutto di buon senso, in favore delle quali abbiamo spesso perorato anche da questo spazio Web.
Ci verrà dato ascolto da chi riceverà le redini della “prossima” Italia? Speriamo di sì, perché non daremo più credito a chi ci prenderà in giro.
di Cosimo Cordaro
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