Le riaperture graduali, per ora, non toccano i settori della sicurezza, delle investigazioni e della tutela del credito. Eppure di motivi per considerarci “essenziali” ce ne sono, anche grossi. Confidiamo nel prossimo step?
Terzo editoriale in tempi di virus.
E com’è ovvio si parla ancora di noi. Come professionisti, aziende, operatori e categorie.
Non è certo nostro compito esprimere opinioni o valutazioni sulla gestione generale dell’emergenza, da parte degli organi preposti a tutti i livelli. Né almanaccare soluzioni, tempi, modi. Noi, come siamo abituati a fare, ci atteniamo alle disposizioni. E com’è nella nostra natura umana e professionale, ci fidiamo della scienza e ci affidiamo agli esperti.
Semmai rileviamo fatti e ci poniamo delle domande, allorquando sorgano dubbi. Sempre in direzione costruttiva, di questo siamo certi.
Il punto è il seguente: nell’ambito delle ultime “aperture” alla ripresa delle attività, ancora una volta sicurezza, investigazioni, tutela del credito non sono state considerate tra le occupazioni “essenziali” alla vita economica del Paese (cui vanno tutte le nostre preoccupazioni, ma anche l’augurio di una pronta e piena “guarigione”).
Eppure esistono almeno due motivi, piuttosto importanti, per i quali le nostre specializzazioni avrebbero meritato e meriterebbero una considerazione maggiore. Almeno a nostro vedere, naturalmente.
Per quanto riguarda il settore della tutela del credito, esso è posto in questi giorni di emergenza sanitaria di fronte a una sfida davvero decisiva per la tenuta del sistema-Paese, insieme ai comparti bancario e finanziario.
Il suo appare un ruolo cruciale per la stabilità e solidità dei conti italiani, privati e pubblici, con effetti a cascata sull’operatività e la salute delle imprese. Lo testimoniano circa 39 milioni di pratiche gestite dalle imprese associate ad UNIREC – Unione Imprese a Tutela del Credito – di cui oltre 12,4 milioni quelle risolte.
Si fa sempre più evidentemente importante, inoltre, l’impegno degli operatori come interlocutori e consulenti di gestione del credito. In un periodo di emergenza assoluta e di moratorie, infatti, occorre cogliere in modo tempestivo anche i bisogni e le richieste dei debitori nei confronti del creditore. Conoscerli, processarli, valutarli, porli nei giusti tempi e nei modi corretti. Ne va davvero, oggi, della sopravvivenza di qualcuno e della “pace sociale” per molti.
In secondo luogo, i servizi offerti dagli investigatori privati e dagli operatori della sicurezza privata. Questi, per varie ragioni, risultano indispensabili alle imprese che possono beneficiare delle deroghe a diverse realtà strategiche. Basta pensare alle assicurazioni con la loro filiera, che beneficiano dei servizi antifrode messi in campo da società e professionisti dell’indagine.
In generale, come rileva FEDERPOL – Federazione Italiana degli Istituti Privati per le Investigazioni le Informazioni e la Sicurezza -, molte aziende del settore agiscono come fiduciarie delle compagnie di assicurazioni, supportano supermercati e farmacie con l’ambito di indagine commerciale, di sorveglianza, più che mai necessaria, di controllo del flusso e deflusso della clientela e ora ancor più di supporto nella verifica del rispetto della distanza di sicurezza richiesta dal DPCM – Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri.
Perché, dunque, il principio di pubblica utilità, non potrebbe essere applicato anche in riferimento al caso delle aziende che operano nel comparto della sicurezza e delle investigazioni?
Ecco, la nostra riflessione termina qui, per ora. Riteniamo ce ne sia abbastanza. E speriamo che anche la nostra voce sia ascoltata, questa volta, in vista dei prossimi provvedimenti. Per la futura salute del settore, certo. Ma anche per poter dare il nostro contributo, come sempre serio, qualificato e appassionato, alla tenuta e alla “ricostruzione” del tessuto economico italiano.
Al prossimo editoriale, speriamo ormai fuori da logiche emergenziali. Buona ripresa a tutti.