Secondo il rapporto Fabi su sofferenze e derivati, i non performig delle banche italiane sono più redditizi di quelle tedesche, francesi e inglesi
I crediti deteriorati italiani sono più fruttuosi rispetto a quelli di Germania, Inghilterra e Francia. È quanto emerge dal rapporto di Fabi (Federazione autonoma bancari italiani) su sofferenze e derivati, che riporta i dati Eba. In Italia infatti, a fronte di maggiori livelli quantitativi di Npl rispetto alla media dei grandi paesi europei, le sofferenze si dimostrano più redditizie con un Roe, l’utile sul capitale, nel 2017 pari al 9%, contro l’1,7% delle banche tedesche e il 3,9% di quelle inglesi.
Inoltre, gli istituti bancari italiani hanno in pancia meno derivati e asset illiquidi rispetto al Nord Europa. Nello specifico, i titoli tossici pesano per il 9,7% sul totale attivo delle banche italiane a fronte del 16,6% delle banche francesi, del 17,1% delle banche inglesi e del 16,2% di quelle tedesche. Per istituti come Société Générale e Royal Bank of Scotland, ad esempio, l’ammontare dei derivati e/o dei titoli illiquidi pesano per una percentuale ben più alta rispetto al valore del sistema bancario italiano (rispettivamente del 10% e dell’8% del capitale della banca).
Da considerare anche che le banche del Bel Paese, nel triennio 2015-2017, in media hanno registrato un incremento dei tassi di copertura complessivo sulle sofferenze del 7%. Nel solo 2017, i crediti deteriorati sono stati coperti del 64%, uno dei dati più alti rispetto alla media europea, dimostrando la particolare attenzione del sistema bancario italiano verso il rischio di credito.
Per quanto riguarda invece il valore del trading finanziario, esso copre il 6,3% dell’attivo di bilancio contro il 23% delle banche inglesi, il 18,5% di quelle francesi e il 19% delle tedesche. Secondo il leader del sindacato bancari italiani Lando Sileoni, i regolatori sembra preferiscano concentrarsi sugli Npl, piuttosto di affrontare il rischio di mercato. “I regolatori purtroppo” ha affermato Sileoni “non sanno o non vogliono affrontare il rischio di mercato. Sembra che preferiscano concentrarsi sugli Npl perché forse è più comodo, ma questo modo di agire è assai distorsivo e penalizzante per i sistemi bancari come quello italiano concentrati sul business tradizionale. Imporre vendite sotto pressione di crediti deteriorati favorisce il mercato degli speculatori, danneggiando le aziende bancarie e i loro lavoratori che hanno già contribuito al risanamento del settore”.