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Factoring, mercato in crescita del 9,7%

Nonostante la crisi, il mercato del factoring in Italia è andato molto bene, affermandosi nelle prime posizioni a livello globale

Nel 2021 il settore del factoring in Italia ha registrato una crescita del 9,7% rispetto al 2020, per un volume d’affari di 250 miliardi di euro. A darne la notizia è stato Assifact (Associazione italiana per il factoring) che riunisce le principali aziende del comparto. Negli ultimi anni il mercato del factoring è cresciuto in modo considerevole, tanto che allo stato attuale vale circa il 14% del PIL nazionale. Per il 2022 l’Associazione prevede un rialzo altrettanto positivo che si dovrebbe attestare tra il 5,68% e 10,79%. Tra le principali cause di questa escalation, anche la possibilità di ottenere credito in pochissimi giorni, tramite appositi servizi digitali.

Il factoring mantiene, quindi, un ruolo determinante per il capitale circolante delle imprese e per supportare le catene di fornitura. Esso è uno degli strumenti più utilizzati dalle aziende per scongiurare il rischio di insolvenze e i ritardi di pagamento nel saldo fatture. Attraverso il factoring, è possibile cedere i propri crediti commerciali, o esternalizzarne la gestione e il recupero, ottenendo liquidità immediata a fronte di una commissione applicata dall’intermediario che acquisisce il credito. In sostanza, un’impresa cede i propri crediti commerciali (certi ed esigibili) ad un diverso soggetto (factor), che ne anticipa il pagamento dopo averne dedotto un compenso e provvigione a parziale copertura dei rischi di insolvenza. Il cessionario del credito è solitamente una banca, o un intermediario finanziario, il cui oggetto sociale prevede l’esercizio dell’attività di acquisto dei crediti d’impresa.

Tra le tipologie di factoring esistenti sul mercato spiccano il factoring pro soluto, ossia l’anticipazione dei crediti al momento della cessione e il factoring pro solvendo, che consiste nel pagamento dei crediti alla loro scadenza. I principali vantaggi del factoring, oltre a una gestione facilitata del credito ceduto, comprendono i tassi d’interesse (più bassi rispetto a un tradizionale prestito bancario) e un indice di rischio inferiore (poiché non si basa soltanto sull’analisi dell’impresa che cede i diritti, ma anche sulla qualità di debiti e debitori).

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