di:  

Family Office, Dehò (Svd Consulting): “Nei portafogli cresce l’esposizione a fondi di private equity e private debt”

Diversificazione, strategie con temporale medio-lungo, gestione del passaggio generazione sono alcune delle sfide con cui oggi i family office stanno facendo i conti e nei portafogli cresce la presenza di fondi di private equity e private debt.

Family Office: l’importanza della diversificazione in un contesto incerto

Secondo l’indagine 2024 di Magstat Consulting, tra il 2022 e il 2023 il numero di family office in Italia è cresciuto arrivando a superare le 200 realtà.

Delle 206 strutture presenti, 93 risultano essere single family office, ovvero gestiscono il patrimonio di una sola famiglia, gli altri sono dei multi-family office e offrono servizi a un gruppo di famiglie. Tra questi, a offrire il servizio di family office ci sono anche 43 operatori finanziari di private banking e 41 grandi family office esteri.

Le strutture analizzate dal report risultano avere asset under advisory per 136,9 miliardi di euro (importo in crescita dai 125,4 miliardi di euro un anno prima). La maggior parte degli uffici dove lavorano i family officer sono ubicati al nord (82,3%) e in particolare in Lombardia (42,6%) e nello specifico a Milano (36,3%). Seguono con largo distacco il Veneto, il Piemonte, il Lazio e l’Emilia-Romagna. Da notare poi che oltre che nel nostro Paese, i family office italiani hanno aperto anche 84 succursali all’estero, principalmente in Svizzera (19), Inghilterra (18), Stati Uniti (9), Lussemburgo (7), Cina (6).

Quali su sono le tendenze in atto in questo settore e quali le strategie? Lo abbiamo chiesto a Sonia Dehò, Founder & CEO di Svd Consulting – Multi Family Office.

Secondo il Global Family Office 2024 di Citi, i family office stanno diversificando i propri portafogli, adottando approcci sempre più sofisticati per massimizzare i rendimenti. È una tendenza che si sta notando anche in Italia?

La tendenza alla diversificazione e alla ricerca di asset class alternative per aumentare i rendimenti è un trend in atto da anni anche per le famiglie italiane più sofisticate. La Family Office Survey 2024 di PwC e Mondo Institutional – la decima edizione ha interessato 54 dei più rilevanti Family Office e Multi Family Office con sede legale in Italia e nella Svizzera italiana – mostra, ad esempio, un’esposizione media agli asset alternativi pari al 26%, in crescita di circa cinque punti percentuali dal 2020.

Partendo dall’assunto che la diversificazione, sia geografica su scala globale che per tipologia di strumento finanziario, aiuta generalmente a calmierare il rischio di un portafoglio investimenti, è fondamentale per l’investitore avere piena consapevolezza delle opportunità e dei rischi associati ad ogni singolo investimento, in particolare per gli strumenti alternativi, per la complessità che essi presentano. I fattori di rischio devono essere ben chiari agli investitori che devono comprendere appieno e pesare correttamente in portafoglio ogni singola asset class.

I portafogli dei nostri clienti hanno allocazioni agli asset alternativi, che rappresentano una posizione, in alcuni casi, anche abbastanza rilevante. Per la natura di questi investimenti e l’orizzonte temporale di riferimento – ancor più rispetto agli asset liquidi – per noi è fondamentale la razionalità, la disciplina e l’ordine. La costruzione di un portafoglio di investimenti in private markets richiede un’approfondita analisi iniziale e un arco temporale di circa quattro o cinque anni per l’implementazione. Noi non riteniamo opportuno basarci su scelte di singoli prodotti, di volta in volta disponibili in base alle opportunità proposte dal mercato, ma puntiamo a realizzare una struttura del portafoglio che preveda manager, strategie e vintage diversi, con una costruzione armonica e bilanciata che possa essere poi valutata nel suo complesso.

Verso quali forme di investimento ci si sta orientando?

Ogni investitore dovrebbe sposare un’allocazione strategica agli investimenti ed essere coerente nel tempo con la stessa, senza farsi influenzare dalle “mode del momento” e operando eventualmente su base tattica con leggeri aggiustamenti. Appare evidente che negli ultimi anni l’esposizione strategica al mondo delle asset class alternative ha assunto più importanza nei portafogli.

Mentre in passato le asset class tradizionali rappresentavano la totalità degli investimenti, oggi i portafogli presentano una crescente esposizione a fondi di private equity e private debt, che investono rispettivamente in equity e debito di aziende private non quotate sui mercati regolamentati. Oltre agli investimenti nei fondi di private equity e private debt, rilevante è anche l’investimento in fondi infrastrutturali e, più in generale, nei real assets, con l’obiettivo di essere meno esposti alle leve inflazionistiche che ci hanno accompagnato negli ultimi anni.

Siamo consapevoli del fatto che il private equity stia vivendo un momento particolare, a nostro avviso la vera sfida per i management team dei fondi è riuscire ad estrarre valore dagli investimenti fatti negli ultimi anni, a fronte di multipli d’ingresso elevati e un contesto macroeconomico incerto, in cui la crescita dei margini delle aziende non è garantita. Il tema cruciale è la capacità di raggiungere tassi di crescita tali da rendere le società appetibili per l’acquisto o la quotazione, non potendo contare su una espansione dei multipli, rispetto al momento dell’acquisizione, nella valutazione delle società alla exit. Ecco che la selezione dei gestori di private equity diventa ancor di più fondamentale, magari privilegiando coloro che, attraverso un approccio “hands-on” riescano a creare efficienze sui margini per creare valore. I big player oggi gestiscono masse tali da aver assunto più le sembianze di asset managers che di gestori di private equity, il rischio è più governato, ma con una attenzione alle performance più contenuta.

Anche gli Hedge funds, seppur con peso limitato, ed esposizione complessiva rispetto alla totalità del portafoglio nell’intorno di percentuali single digit, possono consentire un elemento di decorrelazione rispetto all’andamento dei mercati quotati. Vista la complessità dell’asset class, è giusto prestare attenzione ed essere ben edotti delle strategie in cui si sta investendo. Anche in questo caso, l’armonia e il giusto peso delle varie strategie, è fondamentale al fine di perseguire l’obiettivo iniziale di diversificazione.

In un momento di grande incertezza come quello che stiamo vivendo dal 2020 a oggi, sono cambiate le richieste dei vostri clienti e quali sono le loro principali preoccupazioni?

Riguardando alla velocità e alla molteplicità di eventi che si sono succeduti dal 2020 ad oggi, si avvalora sempre più la strategia dell’investitore di medio-lungo termine. Sono state molte e diverse le richieste da parte dei clienti in corrispondenza dei singoli eventi, con potenziali implicazioni di breve termine, ma che non sempre avrebbero portato ai risultati auspicati nel medio-lungo termine. Mi piace pensare che a volte il maggior rendimento sia anche derivante dal non compiere scelte avventate, assumendo posizioni sulla base dell’evento o della notizia della giornata.

Viviamo in un contesto di grandi cambiamenti ed evoluzioni, per cui focalizzarsi sui singoli eventi può portare a delle scelte non corrette. L’attuale contesto mondiale impone, oggi più che mai, disciplina e razionalità negli investimenti, sia nei mercati finanziari quotati che negli investimenti alternativi. Se alcuni macrotrend sono ormai facilmente identificabili – demografia, transizione energetica, digitalizzazione, … – occorre tenere presente che i cicli economici sono molto più brevi rispetto al passato e la velocità con la quale avvengono i cambiamenti è nettamente superiore. Molti movimenti dei mercati finanziari globali sono anche guidati dagli spostamenti di ingenti flussi finanziari da parte dell’industria dell’asset management, flussi sicuramente più rilevanti rispetto al passato, con conseguenti effetti sulla volatilità e i trend delle asset class liquide.

L’asset allocation strategica e l’orizzonte temporale di medio-lungo termine degli investimenti delle famiglie consente una certa flessibilità nella revisione progressiva delle allocazioni, senza la pretesa di fare market timing; di nuovo ordine e disciplina pensiamo siano gli ingredienti per navigare in mercati sempre più complessi. L’obiettivo dei clienti resta in primis quello di preservare il capitale dall’effetto erosivo dell’inflazione e più in generale dai rischi esogeni ed endogeni che i mercati internazionali possono presentare.

Le preoccupazioni dei clienti che vediamo manifestarsi più di frequente sono legate al passaggio generazionale e al mantenimento e accrescimento del patrimonio anche da parte delle generazioni future. Importante naturalmente la governance, per evitare che non si verifichi l’effetto dispersione del patrimonio.

Quello del family officer è un lavoro molto delicato, come si è evoluta questa attività nel tempo e quali opportunità e sfide ci sono nell’attuale contesto?

Si stima che nei prossimi anni un controvalore di 85 trilioni di dollari di assets verranno trasferiti alle nuove generazioni. I Millennials, i nati tra il 1981 e la fine del millennio, erediteranno solo in Italia circa 2 mila miliardi di dollari nei prossimi dieci anni. Da una ricerca di Bain&Company dello scorso anno emerge come nel 2025, a livello mondiale, gli investitori tra i 20 e i 45 anni con patrimoni superiori a un milione di dollari saranno circa 19,5 milioni di individui, di cui 7 milioni in Europa.

Preservare il patrimonio non significa soltanto essere un efficace ed efficiente asset manager, significa anche saper interloquire con il nucleo famigliare e interrogarsi insieme circa il delicato tema del passaggio generazionale. Implementare la corretta governance per affrontare il futuro probabilmente è una delle principali sfide delle famiglie imprenditoriali, e quindi dei family office che le supportano. Non mi riferisco soltanto allo sviluppo di un solido piano di continuità per la transizione della leadership, o eventualmente alla realizzazione di un protocollo per la regolamentazione dei rapporti interni alla famiglia. Gli assetti legali e fiscali rappresentano solo l’elemento “tecnico” che consente la messa a terra degli intenti, ed è il punto di arrivo. La fase più delicata per i Family Office è il supporto nel creare un’interlocuzione iniziale e nell’affrontare queste delicate tematiche, al fine di raggiungere un adeguato livello di maturità nei processi decisionali ed organizzativi interni al nucleo familiare.

La sfida è riuscire a trovare l’equilibrio tra l’attiva partecipazione dei singoli componenti il nucleo famigliare alla gestione del patrimonio e l’adozione di processi di decision-making formali e istituzionalizzati, di ruoli organizzativi codificati, in cui limitare le decisionalità opportunistiche. L’opportunità per i family office è quella di rafforzare ulteriormente il rapporto fiduciario con i componenti della famiglia. In questo contesto si inserisce anche il tema dell’educazione delle nuove generazioni, che si pone in un rapporto di stretta funzionalità con quello della pianificazione della continuità generazionale.

Come family office abbiamo la responsabilità di agevolare e supportare lo sviluppo delle necessarie competenze economiche, finanziarie, etiche della next-gen. L’education che cerchiamo di fornire alle nuove generazioni vuole essere proattiva, cercando di cogliere quali possano essere gli interessi dei singoli interlocutori (che possono differenziarsi anche tra attori dello stesso nucleo familiare) e indirizzandone i percorsi.

La “sfida tecnologica” è un’altra costante e assume molti significati: gli investimenti da parte del Family Office per far fronte alla necessità di mantenere aggiornata ed efficiente l’infrastruttura tecnologica, garantendo ai clienti informative tempestive, complete e aggiornate, con il massimo della riservatezza e della privacy; il tema della cybersecurity e degli investimenti per la sicurezza informatica; la pervasività della tecnologia su tutti i settori industriali, e la necessità di comprensione dei trend, per l’evidente impatto sugli investimenti finanziari.

CONDIVIDI QUESTO ARTICOLO!