Uno studio di Assifact prevede un impatto per il 2021 di 7,6-12 miliardi di euro di crediti deteriorati sui bilanci delle banche
Il 2021 porterà con sé una nuova definizione di default (inadempienza) e l’entrata in vigore del calendar provisioning, (obbligo di accantonamento integrale dei crediti deteriorati). Ne abbiamo parlato con Fausto Galmarini, presidente di Assifact (Associazione Italiana per il Factoring).
Secondo le stime di Assifact, quanti Npl aggiuntivi potrebbe generare la nuova definizione di default?
Per risponderle in modo puntuale è utile rammentare che per la nuova definizione di default declinata dall’EBA (European Banking Assocation) i crediti che risulteranno scaduti da oltre 90 giorni dal 1° gennaio 2021 saranno automaticamente considerati “in default”, a prescindere dal rating del debitore. La normativa, pensata per i prestiti bancari, si applica anche ai crediti commerciali ceduti ai factors, generando risultati distorti e non coerenti con la rischiosità dei soggetti coinvolti nell’operazione di factoring. Un’indagine svolta da Assifact stima un impatto tra i 7,6 e i 12 miliardi di euro in termini di nuovi Npl, senza che sia intervenuto un peggioramento del merito creditizio dei debitori, ma solo per effetto della mera applicazione del nuovo metodo di calcolo dello scaduto e delle nuove soglie di rilevanza (100 euro per i debitori privati e 500 euro per le imprese).
Quali problemi crea al settore del factoring italiano la nuova definizione di default?
Il factoring affianca da sempre le imprese nell’ambito della gestione del capitale circolante. Lo ha fatto, a differenza dei tradizionali prestiti bancari, anche nelle fasi di ciclo economico negativo, aumentando progressivamente il proprio sostegno finanziario che nell’ultimo decennio è raddoppiato. Il nuovo approccio regolamentare, che si aggiunge a quello sul calendar provisioning, comporterà l’automatica classificazione a “default” di molte imprese, rendendo difficile per le società di factoring continuare a sostenere finanziariamente una parte importante della propria clientela, già seriamente impattata dagli effetti devastanti della pandemia. Conseguentemente le imprese avranno seri problemi nell’accesso al credito e alla liquidità.,
Come si può scongiurare l’ondata di Npl dovuta alla nuova definizione di default?
Assifact sta lottando su più fronti affinché siano riconosciute le specificità del factoring, che non è un finanziamento in quanto opera nell’ambito dei crediti commerciali, evidenziando altresì che il ritardo di pagamento di una fattura commerciale raramente è indicatore di un potenziale default del debitore (mentre lo è il ritardo di pagamento di un prestito bancario).
Di concerto con la Federazione europea (EUF), stiamo proponendo una soluzione interpretativa delle regole dettate dall’EBA in linea con quanto già previsto per il rischio di diluizione, tipico dell’operatività del factoring. Nella sostanza, vorremmo fosse applicato il principio generale secondo cui per la classificazione a default occorre la continuità dello scaduto su una singola obbligazione creditizia per oltre 90 giorni, senza propagazione sull’esposizione complessiva. Nel credito commerciale l’esigibilità del credito è soggetta a clausole, termini e condizioni inserite nei contratti di fornitura ed il pagamento delle singole fatture è, di conseguenza, subordinato alle necessarie attività di verifica. Nel caso dei crediti verso la Pubblica Amministrazione, tale esigibilità è soggetta poi a specifiche norme, proprie della contabilità pubblica, che condizionano il pagamento allo svolgimento di determinate attività amministrative da parte dell’ente debitore, ovvero possono impedire il recupero forzoso.
Quali vantaggi avrebbe il quadro interpretativo della definizione di default proposta da Assifact?
Come detto in precedenza, la proposta non è volta a disconoscere le regole generali, ma a darne un’interpretazione che tenga conto delle specificità del factoring che non è un “normale” finanziamento, tant’è che la sua rischiosità è estremamente più bassa dei prestiti bancari.
Ove accolta, i vantaggi sarebbero numerosi. Si eviterebbe innanzi tutto di classificare a default in maniera automatica posizioni verso debitori privati il cui merito di credito non è mutato, ovvero esposizioni nei confronti della pubblica amministrazione, notoriamente tardiva nei pagamenti ma non insolvente: presupposti fondamentali per continuare ad affiancare le imprese nell’ambito della gestione del capitale circolante e dei fabbisogni finanziari.
Ove non accolta, è assai probabile una contrazione significativa e repentina degli impieghi, l’abbandono dell’operatività nei confronti della Pubblica Amministrazione, e una ulteriore pressione sul sistema bancario per gli elevati flussi di Npl attesi, anche a causa degli impatti dell’emergenza COVID-19.
Cosa pensa della norma sul calendar provisioning?
Le norme sul calendar provisioning nascono con il fine di salvaguardare la stabilità degli intermediari bancari e finanziari, prevedendo livelli di copertura adeguati ai rischi assunti. Come le norme sul default, esse sono studiate per le esposizioni finanziarie. Applicate anche ai crediti commerciali causano effetti distorsivi, richiedendo livelli di accantonamento e assorbimenti di capitale sproporzionati rispetto ai rischi effettivi. Il settore del factoring, in effetti, ha sempre mantenuto una buona qualità del credito, esplicitata dal livello delle esposizioni deteriorate, stabilmente e significativamente inferiore a quello della tradizionale attività di impiego bancario.