Incertezza, inflazione, uno scenario geopolitico teso, sono tutti fattori che pesano sul rischio di impresa. Una gestione mirata dei rischi che possa mettere in sicurezza l’azienda prevede anche la scelta di professionisti e competenze in grado di far fronte agli imprevisti che possono riguardare la supply chain, come il Procurement Officer.
Pandemia, guerra e crisi globali hanno fortemente impattato sulla nostra economia, sottoponendola a grande stress con una crisi degli approvvigionamenti (dall’energia, ai chip, ai componenti industriali, ai materiali edili, al grano) che ne ha impattato negativamente sulle catene di fornitura e modificando strutturalmente il macrosistema economico e produttivo.
Per questo non sorprende che il procurement officer, ovvero lo specialista degli acquisti, sia il lavoro più richiesto nel 2023 secondo Indeed, che ha analizzato le offerte postate sul proprio portale italiano per individuare le professioni che offrono le migliori possibilità occupazionali.
Secondo Fabio Zonta, autore insieme a Lorenzo Zacchetti del libro “Procurement Rievolution” (Franco Angeli) “La direzione acquisti deve evolversi significativamente, assommando a sé competenze che spaziando dall’AI, al risk management, alla comprensione dei modelli predittivi, tecniche di negoziazione internazionale, gestione delle risorse umane, finanche alle competenze tecniche. Una figura per la quale serve, e molto velocemente, – commenta Fabio Zonta – formare una classe dirigente per riposizionare la funzione al centro delle scelte strategiche aziendali e quale primo consigliere dell’amministratore delegato”. Ed è proprio con Zonta che ci siamo confrontati su rischi e supply chain.
Gestire il rischio di impresa, dopo l’emergenza pandemica, il rialzo dei prezzi delle materie prime, le tensioni geopolitiche, è sempre più complesso. Quali figure professionali hanno un ruolo chiave nel mantenere l’azienda solida e con prospettive di crescita?
Gli shock globali a cui stiamo assistendo negli ultimi 3 – 4 anni portano le aziende a dover rispondere in maniera tempestiva e quanto più reattiva possibile ai vari eventi senza perdere in competitività. Dal mio punto di vista, la direzione acquisti guidata da un CPO con una visione “moderna” può fare la differenza se strutturata con principi innovativi e dotata delle moderne tecnologie quali l’intelligenza artificiale, in quanto sarebbe in grado di garantire una capacità costante di approvvigionamento e la possibilità di aumentare la competitività oltre alle quote di mercato della propria azienda a discapito di aziende che considerano ancora la direzione acquisti organizzata in maniera tradizionale: un’organizzazione non strategica per il conseguimento dei migliori risultati di business.
Mai come in questo momento storico si è parlato di supply chain e dell’importanza degli approvvigionamenti. Il ruolo della direzione acquisti è diventato decisamente strategico. Le aziende italiane l’hanno capito e si stanno muovendo dando maggiore attenzione al Procurement Officer?
Una premessa è doverosa. Il sistema economico del paese Italia è fatto prevalentemente di PMI. Questo contesto così frammentato dove spesso la proprietà è riconducibile a persone fisiche è forse uno dei più complessi per far nascere una nuova cultura degli acquisti, tenendo in considerazione anche il fatto che spesso anche le grandi aziende non danno il giusto peso e il giusto posizionamento strategico della direzione acquisti all’interno dell’organizzazione complessiva dell’azienda. Detto questo, tuttavia, gli eventi degli ultimi anni stanno generando un nuovo livello di consapevolezza in merito al fatto che la continuità e la stabilità degli approvvigionamenti è un asset fondamentale per poter continuare a competere nel mercato di riferimento.
Questo inizio di consapevolezza deve tuttavia essere sostenuto attraverso la formazione di professionisti nel mondo degli acquisti che deve sicuramente passare attraverso le università ma anche attraverso corsi dedicati affinché si possa leggere in maniera corretta il “momentum” di trasformazione che la direzione acquisti sta affrontando. La continua e costante formazione unita al supporto di specialisti del mondo degli acquisti 4.0 possono definitivamente portare alla trasformazione della direzione acquisti in un asset aziendale strategico.
Come deve evolvere la figura del direttore degli acquisti e quali caratteristiche deve avere il CPO per affrontare tempi dove l’incertezza è ormai la regola?
Il CPO deve innanzitutto avere una grande capacità di visione che gli consenta di interpretare l’impatto dei segnali che i mercati, gli eventi macroeconomici e geopolitici posso avere sulla sua organizzazione. Il CPO non deve avere solo capacità negoziali e relazionali molto spiccate che vengono oggi considerate come delle comodities ma deve essere un esperto di fenomeni economici comprendendone l’impatto nel breve e medio periodo: questo è essenziale per poter rispondere in maniera reattiva ed immediata consentendo alla propria azienda di mantenere se non addirittura accrescere il proprio livello di competitività.
Inoltre, deve avere anche una buona conoscenza delle nuove tecnologie perché l’interpretazione dei macro-fenomeni geopolitici o economici passa dalla generazione di scenari che aiutano il CPO a calarli nel suo contesto azienda. La conoscenza quindi di quale tecnologia utilizzare per poter meglio agire nelle scelte strategiche è una competenza sempre più richiesta ad un CPO.
In conclusione, direi che il CPO deve aver maturato tutte quelle competenze che gli consentano di affiancare il proprio CEO per consigliarlo al meglio nelle scelte di business avendo una chiara capacità e visione di cosa può essere prodotto in continuità per essere venduto.
Ho l’impressione che ci sia un cambiamento soprattutto culturale da affrontare, per questo nel suo libro parla di una “rievolution”?
“Procurement Rievolution” nasce dalla realtà dei fatti che vede oggi come non mai aziende ed economie internazionali e locali fortemente stressate da shock globali, soprattutto sul tema degli approvvigionamenti, tali da minare non solo i commerci ma l’intera stabilità globale dei del sistema-paese. Un fenomeno epocale che le aziende più evolute lato procurement, come le multinazionali, riescono a gestire ma che impatta oggi, con conseguenze preoccupanti, sulle aziende italiane che per la maggior parte sono PMI, realtà brillanti ed efficienti ma pericolosamente impreparate su una gestione degli approvvigionamenti e della catena di fornitura moderna ed efficace, caratterizzata da AI, machine learning e sofisticate capacità predittive.
Non è tanto un’evoluzione quella che il procurement, la cosiddetta direzione acquisti, deve necessariamente e urgentemente affrontare per attualizzarsi ai veloci contesti di mercato, agli eventi socio-politici e agli accadimenti imponderabili che impattano sulle aziende, grandi o PMI esse siano, quanto più una vera e propria ‘rivoluzione’, strutturale e concettuale”.
Un aspetto fondamentale è la costruzione di una solida collaborazione con i vertici aziendali, le imprese sono pronte a questo cambiamento?
Su questo punto molto deve essere fatto dal mio punto di vista. Se da un lato ci sono sicuramente imprenditori illuminati che si fanno affiancare dai propri CPO nelle scelte seguendoli e sostenendoli nel loro percorso di trasformazione perché hanno capito quali sono i vantaggi che ne derivano, dall’altro i CPO fanno molta fatica ad essere interpellati nelle scelte strategiche dell’azienda.
Sicuramente un elemento che consente un notevole passo in avanti, sarebbe quello di portare i CPO all’interno del board of directors (o consiglio di amministrazione) nella consapevolezza che tutti i soldi che vengono investiti da un’azienda passano dalle loro mani per cui diventa un passaggio naturale quello di ascoltare la loro visione del mercato di fornitura con le potenziali evoluzioni nel breve e medio termine.
Una rivoluzione che necessariamente deve tenere conto che il tessuto imprenditoriale italiano è composto prevalentemente da PMI. Come la “procurement rievolution” ma anche l’inserimento di altre figure professionali strategiche per la gestione del rischio di impresa si inseriscono in contesto di piccole e medie dimensioni?
Il sistema economico italiano è basato sulla PMI che ne costituisce la propria forza e talvolta anche la propria debolezza. La differenza che ho rilevato tra le grandi imprese e le PMI è spesso l’assenza di uno specialista di acquisti nella PMI, per cui direi che il punto di partenza per le PMI è quello di prendere in considerazione il fatto che gli acquisti non sono un’attività secondaria come ci dice Porter, ma primaria nel mondo attuale.
Detto questo, ci sono molte PMI che hanno capito l’importanza del CPO ma fanno fatica ad alimentare le competenze degli stessi in quanto da un lato c’è una scarsa offerta formativa a loro dedicata per affrontare gli acquisti 4.0 e dall’altro un costo elevato nell’accedere a consulenze specialistiche che potrebbero consentire un’accelerazione nella trasformazione dell’organizzazione degli acquisti.
Quindi in conclusione, le PMI devono prendere coscienza che l’inserimento di un CPO è un fattore di successo del proprio business ma questo non basta in quanto il CPO deve poter accedere ad una formazione continua e adeguata.