Per credito alle imprese si intende l’ammontare del credito concesso dalle istituzioni finanziarie, come banche e altri istituti di credito, alle imprese allo scopo di finanziarne le operazioni, gli investimenti e la crescita.
Le ragioni del rallentamento del credito alle imprese
Il credito alle imprese è una componente cruciale dell’economia, in quanto consente alle aziende di accedere al capitale necessario per espandersi e creare posti di lavoro. Negli ultimi anni, tuttavia, si è registrato un significativo rallentamento del credito alle imprese, che sta destando preoccupazione sia tra gli economisti che tra gli imprenditori.
Una delle ragioni principali del rallentamento del credito alle imprese è l’inasprimento degli standard di prestito da parte degli istituti finanziari. All’indomani della crisi finanziaria del 2008, molti istituti finanziari sono stati costretti a cancellare grandi quantità di crediti inesigibili, il che li ha portati a diventare più cauti nelle loro pratiche di prestito.
Questo ha portato a standard di prestito più severi, tra cui punteggi di credito più elevati, maggiori requisiti di garanzia e un maggiore controllo della storia finanziaria dei mutuatari. Di conseguenza, molte imprese che in passato avrebbero potuto ottenere un credito sono ora respinte, il che contribuisce al rallentamento del credito alle imprese.
Un altro fattore che contribuisce al rallentamento del credito alle imprese è l’incertezza del contesto economico.
Le imprese si trovano ad affrontare una serie di sfide, tra cui l’aumento dei costi (principalmente dovuto alla speculazione successiva allo scoppio della guerra in Ucraina), il calo delle vendite e l’aumento della concorrenza (elementi naturali di mercato, ma che quando ci sono crisi come una pandemia ed una guerra vengono naturalmente esacerbati), che rendono più difficile l’accesso al credito. Questo perché gli istituti finanziari sono sempre più avversi al rischio, e non sono disposti a concedere credito alle imprese che considerano in una situazione finanziaria precaria.
Impatto economico del rallentamento del credito alle imprese
Inoltre, la pandemia COVID-19 in corso ha avuto un impatto significativo sull’economia, aggravando ulteriormente il rallentamento del credito alle imprese. La pandemia ha provocato una diffusa perdita di posti di lavoro e una diminuzione della spesa (diretta) dei consumatori, che ha provocato un calo dell’attività commerciale. Ciò ha comportato una diminuzione della domanda di credito, in quanto le imprese hanno ridotto gli investimenti e le spese nel tentativo di conservare la liquidità.
Il rallentamento del credito alle imprese ha anche un potenziale impatto sull’economia in generale. Quando le imprese non riescono ad accedere al credito necessario per crescere e investire, è meno probabile che creino nuovi posti di lavoro, il che porterà inevitabilmente a un rallentamento dell’attività economica. Inoltre, le imprese che non riescono a ottenere credito possono essere costrette a ridurre la forza lavoro o a chiudere del tutto i battenti, con un effetto a catena sulle altre imprese della comunità locale, spesso indotto di un’impresa più grande.
Inoltre, il rallentamento del credito alle imprese può avere implicazioni anche per il sistema finanziario nel suo complesso. Se le imprese non riescono ad accedere al credito, possono essere costrette a cercare fonti di finanziamento alternative, come prestiti ad alto tasso di interesse da parte di prestatori non tradizionali. Ciò può aumentare il rischio di instabilità finanziaria, in quanto le imprese si indebitano maggiormente e hanno maggiori probabilità di insolvenza.
La situazione italiana
Quanto detto in generale sinora nasce da una non felice situazione nel Bel Paese. Bankitalia certifica infatti un completo arresto dell’eogazione del credito alle imprese in italia a dicembre 2022 (ultimi dati disponibili con certezza) rispetto allo stesso periodo del 2021, quando la pandemia era molto più sentita, ed i venti di guerra in Ucraina ancora non avevano iniziato a spirare.
Dice Bankitalia: “Nel quarto trimestre del 2022 i criteri di offerta sui prestiti alle imprese hanno registrato un ulteriore irrigidimento, riconducibile a una maggiore percezione del rischio e una minore tolleranza verso di esso. I termini e le condizioni generali applicati ai finanziamenti erogati sono stati inaspriti, sia mediante un incremento dei tassi di interesse, in parte ascrivibile a un aumento dei margini, sia attraverso una riduzione dell’ammontare del credito concesso.“
C’è dunque una forte battuta d’arresto per il credito alle imprese in Italia a dicembre. Il calo è stato di 14 miliardi, su uno stock complessivo che è ora di 649 miliardi. Una discesa così rilevante nei flussi mensili non si vedeva da dicembre 2018, secondo i dati della Banca d’Italia.
Va comunque osservato che le flessioni più significative del credito si verificano in genere a fine anno o alla fine del primo semestre, quando le banche chiudono i bilanci.
La frenata del credito alle aziende è visibile anche nella variazione su base annua, che a dicembre è stata nulla (come dicevamo), mentre a novembre mostrava un +2,7%. Hanno resistito meglio i prestiti alle famiglie, in crescita del 3,3%, anche se meno del 3,7% di novembre. Nel complesso a dicembre il credito al settore privato è aumentato del 2,1%, comunque rallentando rispetto al +3,4% del mese precedente.
L’inasprimento è stato più forte nei confronti delle imprese anche in termini di tassi. Quelli sui nuovi prestiti alle aziende sono arrivati in media al 3,55%, dal 3% di novembre. Sono invece scesi i tassi per i mutui delle famiglie (dal 3,55 al 3,36%) e per il credito al consumo (da 9,25 a 9,22%).
La reazione del mondo bancario
L’incremento delle richieste di finanziamento per soddisfare il fabbisogno di capitale circolante ha avuto una compensazione dal calo di quelle per finalità di investimento.
Le condizioni di accesso delle banche al finanziamento sono dunque peggiorate, in particolare per i depositi a medio-lungo termine. Nel trimestre in corso (primo dell’anno) gli intermediari si attendono che il peggioramento si estenda anche ai depositi a breve termine.
Nel mondo bancario si nota che le minori richieste di prestiti per investimenti hanno un maggiore impatto quantitativo sulla domanda totale. Inoltre la flessione segue la forte espansione del credito durante la pandemia.
Banca d’Italia ha rilevato che “i criteri di offerta si sono irrigiditi soprattutto per le imprese nel comparto manifatturiero ad alta intensità energetica e in quello immobiliare“. I crediti deteriorati nei bilanci non hanno avuto impatto rilevante.
Invece, Bankitalia ha sottolineato che “nel 2022 le nuove misure regolamentari e di supervisione adottate avrebbero contribuito a una riduzione delle attività ponderate per il rischio. Per quanto riguarda le politiche di offerta, gli effetti sono stati nel complesso contenuti“.
Il restringimento degli standard creditizi nell’Eurozona, definito “piuttosto importante” dal presidente della Vigilanza Bce Andrea Enria, è legato anche alla politica monetaria adesso restrittiva della BCE, che ha causato il rialzo dei tassi ai clienti finali. L’effetto con ogni probabilità si farà sentire di più nei prossimi mesi, con il rischio di una frenata economica superiore a quella necessaria per ridurre l’inflazione.
La situazione in Europa
Il credito alle imprese si è bloccato in Italia e Spagna, mentre è invece salito in modo significativo in Francia (+8,1%) e Germania (+10,7%) nel periodo preso in esame. La crescita complessiva nell’Eurozona è stata del 6,3%. I tassi più alti hanno consentito anche la ripresa degli utili bancari.
Quanto alle imprese, il governatore Ignazio Visco ha ricordato che il livello “storicamente elevato” di disponibilità liquide potrà limitare l’impatto delle restrizioni sul credito.