Gli ultimi dati Eurostat mostrano come l’inflazione dell’Eurozona sia in leggera risalita, se pur pienamente nel terreno dell’obiettivo fissato dalla Banca centrale europea. Preoccupa la situazione geopolitica mondiale, in particolare la potenziale svolta protezionista degli Stati Uniti.
Il tasso d’inflazione annuale dell’Eurozona si è attestato al 2% nell’ottobre 2024, in aumento rispetto all’1,7% di settembre 2024 e in flessione rispetto al +2,9% dello stesso mese dello scorso anno. Eurostat conferma dunque, le stime preliminari diffuse a inizio novembre. L’inflazione annuale dell’Unione Europea è stata del 2,3% a ottobre 2024, in aumento rispetto al 2,1% di settembre. Un anno prima il tasso era del 3,6%.
Inflazione aumenta anche in Italia
Aumenta l’inflazione anche in Italia, che passa dallo 0,7% di settembre all’1% di ottobre. Tra gli altri Paesi membri, i tassi annuali più bassi si registrano in Slovenia (0,0%), Lituania e Irlanda (entrambi 0,1%). I tassi annuali più alti si riscontrano invece in Romania (5,0%), Belgio ed Estonia (entrambi 4,5%). Rispetto a settembre 2024, l’inflazione annuale è diminuita in due Stati membri, in altri 6 è rimasta stabile ed è aumentata in diciannove.
Dando uno sguardo infine, alle principali componenti dell’inflazione nell’area dell’euro, emerge che – sempre su ottobre 2024 – sono i servizi ad aver registrato il tasso più elevato (+1,77 punti percentuali). Seguono i prodotti alimentari, alcolici e tabacco (+0,56), beni industriali non energetici (+0,13) ed energia (-0,45).
L’Ue ostaggio della situazione geopolitica mondiale
L’Unione europea resta sotto scacco dello scenario geopolitico globale. Oltre alla guerra russo-ucraina e al conflitto in Medio Oriente in costante crescita, a preoccupare Bruxelles ora è il rischio di nuove guerre commerciali con gli Stati Uniti, come diretta conseguenza della vittoria di Donald Trump e della sua politica “America first”.
“Una possibile svolta protezionistica nella politica commerciale degli Stati Uniti sarebbe estremamente dannosa per entrambe le economie”, ha affermato il commissario all’Economia, Paolo Gentiloni – come riporta Il Sole 24 Ore – sintetizzando il messaggio politico dell’esecutivo Ue rivolto sia agli Stati membri, sia oltre Atlantico. Lo stesso Gentiloni ha sottolineato che l’obiettivo Ue è “stabilizzare la comunità internazionale ed evitare il rischio di frizioni commerciali Ue/Usa”.
Secondo il nuovo rapporto di previsione economica, il rischio che l’amministrazione Trump traduca in fatti concreti quanto preannunciato in materia di dazi, si colloca tra i primi delle prossime stagioni. Nello specifico, Trump aveva annunciato di voler imporre dazi fino al 20% su tutte le importazioni dall’Europa.
Dazi americani: i settori più a rischio
Attualmente, il commercio tra Unione Europea e Stati Uniti vale circa 1.000 miliardi di euro all’anno tra beni e servizi. I comparti che sarebbero più colpiti dalla nuova politica di Trump sono i i macchinari, gli autoveicoli e i prodotti chimici. Insieme, nel 2023, hanno rappresentato il 68% dell’export Ue verso gli Stati Uniti.
Tra i Paesi più esposti ci sarebbe in particolare la Germania: considerata la sua dipendenza dalle esportazioni di auto e macchinari verso gli Stati Uniti, con i dazi statunitensi subirebbe un duro colpo. Alcuni economisti stimano che una tariffa del 10% potrebbe – nel peggiore dei casi – affossare il Pil tedesco dell’1,6%. Non solo, a risentirne pesantemente sarebbe il nostro Paese. Gli Stati Uniti sono infatti il secondo mercato di sbocco per il Made in Italy: valgono il10,5% delle esportazioni complessive, per un valore di oltre 69 miliardi di euro nel 2023 e di oltre 33 nei primi sei mesi del 2024.