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Italia: crescita ferma nonostante i buoni rating secondo Confindustria

Italia: crescita ferma nonostante i buoni rating secondo Confindustria

Moody’s fornisce supporto indiretto all’Italia con un giudizio positivo, ma la crescita del Paese è ancora incerta. Confindustria immagina un PIL fermo nel terzo trimestre, con una diminuzione sia nei servizi che nell’industria. Ma il governo punta comunque al via libera della Commissione Europea.

Industriali, crescita ferma in Italia nonostante i buoni rating

Negli ultimi mesi, l’Italia ha ricevuto buone notizie dal mondo della finanza. Moody’s, una delle tre principali agenzie di rating, ha infatti lasciato invariato il rating del Paese “Baa3”, ma con outlook stabile, modificandolo da precedente “negativo”. Questa decisione è stata accolta con soddisfazione dal governo italiano, che ha visto confermata la sua strategia di risanamento dei conti pubblici.

La valutazione positiva di Moody’s sul rating dell’Italia ha dunque soddisfatto il governo, che ha interpretato questa decisione come un riconoscimento delle misure di austerità adottate con la Legge di Bilancio. Queste misure, che hanno comportato sacrifici da parte di molti ministri, hanno convinto anche le altre agenzie di rating, e ora la manovra economica italiana punta a ottenere il via libera della Commissione Europea nella prossima revisione del semestre europeo.

Tuttavia, nonostante questi segnali positivi, la crescita economica italiana sembra essere ferma. Secondo le previsioni di Confindustria, il PIL del Paese potrebbe essere fermo nel terzo trimestre del 2023, con una contrazione nei servizi e nell’industria.

Le tre ragioni del rialzo dell’outlook per l’Italia

Moody’s ha migliorato le prospettive dell’Italia da negative a stabili. Questa decisione è stata presa sulla base di tre fattori:

  • Le banche italiane sono diventate più solide, grazie a interventi di rafforzamento patrimoniale e di riduzione dell’esposizione al rischio.
  • Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) sta dando impulso agli investimenti, aumentando la crescita economica e l’occupazione.
  • I costi dell’energia stanno diminuendo, grazie al miglioramento delle condizioni meteorologiche e alle politiche del governo italiano.

L’outlook positivo di Moody’s significa che il rischio di un declassamento dell’Italia a “junk”, cioè alla categoria speculativa, è diminuito. Il rating dell’Italia resta invece invariato a Baa3, che è il livello più basso di investment grade.

Quali sono i fattori che stanno frenando la crescita industriale italiana?

Ma non è tutt’oro quel che luccica, come ci ricorda l’antico detto, ahinoi. I fattori che stanno ancora frenando la crescita industriale italiana sono molteplici.

Innanzitutto, l’economia globale sta rallentando, a causa della guerra in Ucraina e Medio Oriente, e della crisi energetica che si era originata in seguito alla prima (parecchio rientrata, per fortuna, viste le politiche europee sul tema e la sostanziale indipendenza americana sul petrolio e sul gas). Questo sta avendo, comunque, un impatto negativo sulle esportazioni italiane, che rappresentano una quota importante del PIL.

In secondo luogo, l’inflazione (comunque in grande diminuzione) sta (ancora) erodendo il potere d’acquisto delle famiglie italiane, che continuano a ridurre (seppur meno di prima) i consumi. Questo sta avendo un impatto ancora negativo anche sulla domanda interna di beni industriali.

In terzo luogo, i costi energetici, sebbene in diminuzione, sono ancora presenti. Questo sta ancora gravando sui costi di produzione per le imprese industriali, che sono “costrette” a trasferire questi costi ai consumatori (perché non vogliono ridurre i ricavi, ma questa è un’altra storia..).

Quali sono le conseguenze della crescita ferma dell’industria italiana?

La crescita ferma dell’industria italiana ha una serie di conseguenze negative per l’economia del Paese. Innanzitutto, si traduce in una perdita di posti di lavoro. Secondo le stime di Confindustria, la crescita ferma del PIL potrebbe portare alla perdita di 100.000 posti di lavoro nel settore industriale entro la fine del 2023.

In secondo luogo, la crescita ferma dell’industria italiana frena la crescita economica complessiva del Paese. L’industria è infatti un settore trainante dell’economia italiana (seconda manifattura europea dopo la Germania, ricordiamolo), e la sua crescita è fondamentale per la creazione di ricchezza e posti di lavoro.

In terzo luogo, la crescita ferma dell’industria italiana aumenta il rischio di recessione. Se la crescita del PIL dovesse continuare a essere negativa, il Paese potrebbe entrare in recessione.

Le preoccupazioni di Confindustria sulla crescita dell’Italia

Tuttavia, le valutazioni positive di cui abbiamo parlato prima non hanno dissipato i dubbi sulla crescita economica italiana. Confindustria prevede che il PIL del Paese resterà fermo nel terzo trimestre, a causa del blocco del credito causato dai tassi di interesse ai massimi storici. Anche le previsioni per il quarto trimestre non sono incoraggianti, poiché gli ultimi dati indicano un lieve calo dell’attività nei servizi e nell’industria.

A settembre la produzione industriale è rimasta invariata, mentre il PIL del terzo trimestre è cresciuto solo dello 0,2%, dopo quattro trimestri consecutivi di contrazione. A ottobre l’indice PMI è sceso a 47,7, indicando una contrazione dell’attività economica, e la fiducia delle imprese continua a diminuire.

Il giudizio positivo di Moody’s è un risultato positivo per l’Italia, ma non basta a garantire una ripresa economica. Il governo italiano dovrà continuare a implementare misure di austerità e a razionalizzare la spesa pubblica (questione difficile in una nazione clientelare e che storicamente sperpera soldi pubblici in prebende come l’Italia).

Quali sono le soluzioni per rilanciare la crescita industriale italiana?

Per rilanciare la crescita industriale italiana, è necessario intervenire su una serie di fattori. Innanzitutto, è necessario sostenere l’economia globale, per garantire la ripresa delle esportazioni italiane.

In secondo luogo, è necessario continuare a contenere l’inflazione, per proteggere il potere d’acquisto delle famiglie italiane.

In terzo luogo, è necessario continuare a ridurre i costi energetici, sia per le imprese industriali che per le famiglie.

Inoltre, è necessario investire in innovazione e ricerca (e questo è notoriamente un tasto dolente nel Bel Paese, purtroppo), per aumentare la competitività delle imprese italiane.

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