Il tema degli NPL va oggi declinato in un nuovo contesto, legato soprattutto agli impatti della pandemia. Qual è quindi la situazione corrente sul mercato, e per quale motivo il profilo dei crediti deteriorati appare complessivamente sotto controllo?
Siamo oggi in un mercato in stabilità, se non addirittura in leggera riduzione. Ovviamente siamo in una situazione certamente molto differente rispetto al 2014 – 2015, quando abbiamo raggiunto i 340 miliardi e spiccioli di crediti deteriorati, che si sono diluiti nel tempo sino ad arrivare ai 139 del 2019 ed alle cifre attuali, su quel livello.
Si prevede, nell’appena trascorso 2021 e quest’anno, un balzo di circa 80 miliardi di nuovi NPL, come dicono recenti studi.
Questi aumenti sono determinati essenzialmente da quello che sono i contraccolpi che avremo a seguito della fine della pandemia, e in particolar modo con lo sblocco dei licenziamenti e con la fine di tutti i sussidi e supporti che sono stati dati in questo periodo alle imprese e alle famiglie.
La qualità di questi crediti, in questo momento, risulta essere, tra l’altro, estremamente positiva e buona, perché in questi due anni si è assistito a un incremento del risparmio, ed ovviamente ad una riduzione delle spese generali; i consumi si sono ridotti notevolmente, e questo ha determinato chiaramente un aumento del risparmio, risparmio che è stato in qualche modo orientato e distribuito nell’ambito, appunto, del sistema debitorio.
Per questo diremmo che nell’anno appena trascorso banche e società finanziarie hanno raggiunto i minimi storici in termini di costo del rischio, e questo lo vediamo anche sui portafogli di chi investe nel settore.
Da Mediobanca, che storicamente si occupa anche di questo campo (la loro società è MB Credit Solutions SpA), fanno sapere che nell’anno appena trascorso hanno raggiunto, e ancora oggi continuano ad avere, delle grandissime performance in termini di incassi che superano le loro attese.
Quindi, in maniera estremamente sintetica, da una parte abbiamo una riduzione dei flussi determinata da una maggiore qualità del credito, ma anche da una contrazione dei flussi chiaramente legata alla contrazione delle spese, e dall’altra c’è una migliore qualità determinata dall’impatto sia delle moratorie che dall’aumento del risparmio.
Quella appena descritta appare effettivamente una situazione sotto controllo, che trova conferma anche nei numeri contenuti negli osservatori sugli NPL di CRIF, dove si evidenzia una forte contrazione del tasso di default sia per le imprese, che si attesta sotto soglia del 3 per cento, sia per le persone fisiche, anch’esse con tassi di default in contrazione, intorno all’uno e mezzo per cento.
Ma a medio e lungo termine, che cosa dobbiamo aspettarci?
Abbiamo già fatto notare che gli interventi pubblici stanziati verranno meno, e ci sono comunque dei settori ancora in forte difficoltà. Si tratta della quiete prima della tempesta?
No, non proprio. Infatti “tempesta” non è la parola giusta da utilizzare, almeno in questo caso.
La ragione è presto detta; questi ultimi due anni hanno consentito di migliorare i processi di gestione e di efficientare le macchine di gestione, per cui gli operatori di questo mercato si sono attrezzati per gestire anche in maniera più automatizzata, con sistemi di valutazione e di qualificazione di gestione decentrata, le problematiche che dovessero presentarsi.
Il mercato è quindi capace di assorbire eventuali choc, che con ogni probabilità ci saranno. Si è infatti già accennato ad un aumento di 80 miliardi di NPL nei prossimi 2 anni.
Sarà chiaro ed evidente che bisognerà lavorare con cautela, sia da investitore che da gestore, perché i modelli di valutazione del credito si basano su una visione storica delle performance.
Guardare alle performance di recovery rate degli ultimi due anni potrebbe determinare una cattiva interpretazione dei dati, perché si è comunque trattato di un biennio dove i tassi di recovery rate sono sicuramente migliorati per effetto dei minori flussi in gestione, e quindi una maggiore produttività delle squadre di gestione del recupero ha determinato un aumento delle performance, che non possono essere inglobate all’interno dei modelli di valutazione del credito.
Quindi, cosa ci aspettiamo nel prossimo futuro a medio e lungo termine?
Sicuramente un deterioramento delle recovery rate, un deterioramento delle performance degli ultimi due anni, per effetto della cessazione di tutti quegli strumenti di supporto che il governo ha messo a disposizione, ed anche per effetto del fatto che questo maggior flusso determinerà un maggiore sforzo per la gestione, che riporterà gli standard di efficacia a livello pre-covid.