Come chiarito in un comunicato stampa diffuso dal Governo, le nuove misure "muovono da un principio comune: un’azienda con problemi rischia di trascinare con sé altre imprese (fornitori di beni e servizi e intermediari finanziari) continuando a contrarre obbligazioni che non potrà soddisfare. Affrontare tempestivamente i casi di crisi aziendale consente di limitare le perdite del tessuto economico, sia nella dimensione strettamente imprenditoriale sia sul piano finanziario…”.
Ambiziosi, appaiono i riflessi che tali misure produrranno sul mondo del credito in generale e su quello degli NPL in particolare.
Infatti, tutte le recenti riforme hanno come obiettivo e, si auspica, effetto di contrarre sia i tempi di definizione dei contorni del rapporto credito debito (in termini di esistenza e quantificazione) sia quelli necessari per il raggiungimento dell'obiettivo ultimo: la soddisfazione delle ragioni del creditore e la "liberazione" del debitore. Ovvie appaiono le ricadute positive sul sistema giudiziario, in termini di minore carico, e sul sistema creditizio che, meno appesantito dalle sofferenze accumulate, sarà più libero di sostenere la crescita.
Proprio la crescita dell'economia sarà la migliore e più efficace soluzione dei crediti deteriorati secondo una logica win-win, per cui i debitori, in forza della disponibilità di una maggiore liquidità, avranno la capacità di saldare le vecchie "pendenze" e ripartire con nuovo slancio nelle attività economiche e i creditori vedranno apprezzarsi i propri asset in termini di minor accantonamenti ( per le Banche e le Finanziarie) ovvero di ritorni dell'investimento più elevati (per i Fondi e Società che investono in NPL).
A tal riguardo lo stesso Fondo Monetario ha chiarito, proprio recentemente, che le sofferenze bloccano 132 Miliardi di nuovi prestiti e quindi si pongono come principale ostacolo della ripresa economica.
Lo spirito di risoluzione "pragmatica" dei problemi connessi alle sofferenze ad esempio, si evince dall'evoluzione della concezione personale e giuridica del fallito.
Conformemente a quanto è avvenuto in altre esperienze transnazionali, anche nell’ordinamento italiano si è assistito ad un graduale mutamento ideologico della procedura fallimentare, che ha progressivamente abbandonato la sua natura sanzionatoria ed afflittiva, per trasformarsi in uno strumento funzionalmente teso anche a tutela del fallito, oltre che dei creditori.
Uno dei primi sintomi del mutamento ideologico di cui sopra, è stato costituito dall’istituto della riabilitazione civile funzionalmente teso alla riabilitazione sociale della persona fisica del fallito, attraverso la cessazione delle incapacità personali conseguenti alla sentenza dichiarativa di fallimento e della conseguente iscrizione nel pubblico registro dei falliti.
Tuttavia, la vera consacrazione del nuovo spirito è stata palesata attraverso l'introduzione dell'Istituto dell'esdebitazione. Le differenze di maggior rilievo tra la riabilitazione civile ed il nuovo istituto della esdebitazione, sono fondate sulla diversa sfera di operatività degli effetti scaturenti dall’una e dall’altra procedura. Mentre gli effetti derivanti dall’accoglimento dell’istanza di riabilitazione erano, difatti, sostanzialmente riferibili alla sfera personale del fallito, gli effetti propri dell’esdebitazione sono, invece, strettamente riferiti all’ambito patrimoniale. Infatti, con il provvedimento di accoglimento dell’istanza è dichiarata “l’inesigibilità nei confronti del debitore già dichiarato fallito, dei debiti concorsuali non soddisfatti integralmente”, il che descrive appunto, un effetto estintivo di obbligazioni non ancora soddisfatte, diverso dall’adempimento e dalle altre forme di estinzione conosciute dal Codice Civile.
Tale circostanza ha indotto alcuni autori ad equiparare l’esdebitazione al diverso istituto dell’espropriazione per pubblica utilità in quanto trattasi di una procedura attivabile anche senza il consenso dei creditori e dove l’unico accertamento, riguarda la sussistenza dei presupposti disciplinati all’art. 142 l.fall..
In entrambi i casi, il creditore persona fisica avrà, quale unica possibilità di salvezza, quella di dimostrare l’assenza dei presupposti previsti dalla legge.
Dalle argomentazioni fin qui affrontate, è desumibile il mutamento della concezione del fallimento accennata in premessa, che da un’accezione sanzionatoria ed afflittiva, ha lasciato spazio ad un istituto premiale riservato all’imprenditore fallito meritevole e, funzionale all’incentivazione ad assumere e tenere, sia prima che durante la procedura, una condotta irreprensibile tesa a salvaguardare le aspettative di soddisfacimento dei creditori.
di Luca Polverino
© Riproduzione riservata