Se la Seconda guerra mondiale è stata decisa dall’acciaio e dall’alluminio e la Guerra fredda dallo spauracchio dell’uso dalle armi atomiche, la prossima riguarderà la potenza di calcolo dei microchip.
Definiamo la guerra dei microchip e gli attori
La “guerra dei chip” è un termine utilizzato per descrivere l’intensificarsi della competizione tra Stati Uniti e Cina nel settore dei semiconduttori. I semiconduttori, noti anche come chip o microchip, sono componenti essenziali di dispositivi elettronici come smartphone, computer e automobili. Rappresentano per certi versi lo scheletro della nostra quotidianità proprio perché li usiamo ogni giorno. Sono utilizzati in un’ampia gamma di settori, dall’elettronica di consumo alla sanità, dai trasporti alla difesa.
Le grandi industrie del mercato dei microchip
Sono grandi (ma sono poche) le industrie che guidano il mercato globale dei semiconduttori. Taiwan, con il suo gigante TSMC (Taiwan Semiconductor Manufacturing Company), fondato da Morris Chang, domina per distacco la classifica. Occupa un impressionante 54 per cento del mercato globale nella produzione di microchip. Fornisce il 92 per cento dei chip più avanzati utilizzati nell’elettronica moderna. Seguono Stati Uniti, primi nelle fasi di ricerca e commercializzazione, Corea del Sud, Cina e Giappone.
Un discorso a parte va fatto per i Paesi Bassi. Questo perché in Olanda ha sede ASML, che è impegnata nello sviluppo, produzione, commercializzazione, vendita e assistenza di macchinari a litografia ultravioletta estrema (euv), un tipo di tecnologia necessario all’incisione dei transistori sui wafer di silicio usualmente utilizzati nelle più avanzate fonderie di semiconduttori. Di questi macchinari, e di altri essenziali all’industria dei microchip, ASML è leader mondiale.
L’Unione Europea, nel suo complesso, per ora arranca più o meno in tutte le fasi della catena di produzione. Ma lo European Chips Act proposto a febbraio prevede lo stanziamento di circa 43 miliardi di euro nel settore per cercare di colmare il divario.
Le mosse degli USA
La catena di produzione dei microchip rappresenta appieno la nuova linea di frattura del potere globale conteso tra Cina e Stati Uniti.
La competizione tra Stati Uniti e Cina è determinata da diversi fattori, tra cui le preoccupazioni economiche e di sicurezza nazionale.
Gli Stati Uniti sono da tempo leader nell’industria dei semiconduttori. Però la Cina sta rapidamente cercando di aumentare gli investimenti in ricerca e sviluppo, oltre a promuovere la produzione nazionale per ridurre la dipendenza dai chip prodotti all’estero. Il piano cinese “Made in China 2025“, che mira ad aumentare l’autosufficienza del Paese in diversi settori chiave, tra cui i semiconduttori, è stato uno dei principali motori di questa tendenza.
Gli Stati Uniti hanno risposto con proprie politiche volte a garantire la propria catena di approvvigionamento e a promuovere la produzione nazionale. Nel 2020, il governo statunitense ha annunciato una nuova iniziativa denominata “American Foundries Act“, che prevede finanziamenti per la produzione interna di semiconduttori, ed incentivi per le aziende che trasferiscono la loro produzione negli Stati Uniti.
Gli Stati Uniti hanno inoltre imposto restrizioni all’esportazione di alcune tecnologie legate ai semiconduttori in Cina, adducendo problemi di sicurezza nazionale. In quest’ultimo caso si tratta del cosiddetto CHIPS Act.
Il CHIPS and Science Act
Il CHIPS and Science Act (questo il nome completo) è una legge federale statunitense promulgata dal 117° Congresso degli Stati Uniti e firmata dal Presidente Joe Biden il 9 agosto 2022. La legge prevede circa 280 miliardi di dollari di nuovi finanziamenti per incentivare la ricerca e la produzione nazionale di semiconduttori negli Stati Uniti. La legge convoglia oltre 52 miliardi di dollari nella ricerca sui semiconduttori e in altre ricerche scientifiche. Obiettivo primario: contrastare la Cina. I fornitori di chip si sono impegnati o hanno fatto annunci per oltre 300 miliardi di dollari in investimenti e posti di lavoro in previsione dell’approvazione della legge.
Lo scopo di queste misure è chiaramente quello di garantire agli Stati Uniti un accesso stabile ai semiconduttori avanzati nel futuro, e negarlo ai cinesi. Come? Limitando le esportazioni verso la Cina di strumentazione e progetti necessari per sviluppare e produrre i microchip avanzati
La “guerra dei chip” ha dunque implicazioni più ampie per la competizione tecnologica globale e l’innovazione. L’industria dei semiconduttori è un fattore chiave per le tecnologie emergenti come l’intelligenza artificiale, l’Internet delle cose e i veicoli autonomi. L’esito della competizione tra Stati Uniti e Cina avrà implicazioni per lo sviluppo di queste tecnologie e per la distribuzione del potere economico nel XXI secolo.
L’importanza di Paesi Bassi e Giappone
Anche i Paesi Bassi e il Giappone sono attori importanti nell’industria globale dei semiconduttori e sono coinvolti nella “guerra dei chip” tra Stati Uniti e Cina.
I Paesi Bassi ospitano diverse aziende chiave nel settore dei semiconduttori, tra cui come detto ASML. Il Paese ha anche un forte settore di ricerca e sviluppo dei semiconduttori, e contribuisce in modo significativo al mercato europeo dei microchip.
Il Giappone è un importante produttore di semiconduttori, ed ospita diverse aziende leader nel settore, tra cui Toshiba, Renesas Electronics e Sony. Il Giappone è stato per decenni un pioniere nella tecnologia dei semiconduttori, e continua a investire pesantemente in ricerca e sviluppo per mantenere la sua posizione competitiva nel settore.
Dopo mesi di negoziati, Olanda e Giappone hanno sposato la causa degli USA sulle restrizioni tech imposte dagli Stati Uniti alla Cina. L’accordo trilaterale rappresenta un punto di svolta molto importante. Per Pechino si complica infatti non poco l’attività di produzione tecnologica, privata di macchinari fondamentali realizzati in Occidente per i microchip.
La stretta alle esportazioni riguarderà dunque anche grandi società olandesi e nipponiche. DI ASML abbiamo già detto, ma saranno inoltre coinvolti anche altri colossi giapponesi del settore. Aziende come la Tokyo Electron e la Nikon Corporation, oltre a tutta una serie di altre realtà (alcune già nominate) senza le cui tecnologie la Cina faticherà a sviluppare il proprio comparto dei microchip.
Implicazioni globali
La competizione tra Stati Uniti e Cina per dominare l’industria dei semiconduttori può avere implicazioni per il mercato globale e per Paesi come i Paesi Bassi e il Giappone. Ad esempio, se gli Stati Uniti e la Cina riusciranno a garantire le loro catene di approvvigionamento e a far progredire le loro tecnologie dei semiconduttori, ciò potrebbe avere un impatto sulle posizioni competitive degli altri Paesi del settore.
Ciò potrebbe portare a un aumento della concorrenza e potenzialmente anche a un consolidamento del mercato. Questo in quanto le aziende più piccole sarebbero costrette a fondersi o a uscire dal settore.
Inoltre, la “guerra dei chip” ha portato a un maggiore interesse per la creazione di catene di fornitura di semiconduttori più resistenti e diversificate. Ciò potrebbe creare opportunità per Paesi come i Paesi Bassi e il Giappone di rafforzare le proprie posizioni nel settore. Potrebbero farlo sviluppando ulteriormente tecnologie e processi più specializzati, che sono molto richiesti. Tuttavia, ciò significa anche che questi Paesi dovranno competere con gli Stati Uniti e la Cina, che hanno mercati interni molto più ampi e maggiori risorse da investire in ricerca e sviluppo.