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Mercato del credito e Npe: i numeri del settore tra sfide e opportunità

Quali sono gli indicatori per valutare lo stato di salute di un istituto di credito? Se ne è parlato in occasione della quinta edizione di CreditWeek.

Resiliente, attento e in continua evoluzione. Sono queste tre le parole che hanno impreziosito la tavola rotonda, tenutasi in occasione della CreditWeek 2024, e focalizzata su un tema ben preciso: l’andamento del mercato del credito e del tanto agognato NPE, uno degli indicatori più usati per valutare lo stato di salute complessivo di un istituto di credito.

Svoltosi online e moderato da Debora Bionda, caporedattrice di CreditNews, il panel ha visto l’intervento di quattro speaker di spicco: Rino Antonucci, Responsabile Direzione Non Performing Exposures di Crédit Agricole Italia, Edoardo Lombella, Responsabile Gestione Npe di Banco BPM, Fabio Panzeri, CEO di Prelios Credit Servicing e GM Servicing & Operations del Gruppo Prelios e Michele Thea, Partner di Europe West NPE Leader ed EY Advisory SpA.

Scacciato lo spettro del credit crunch

Nonostante un contesto macroeconomico complesso e sfidante, dovuto all’innalzamento dei tassi di interesse, all’aumento dell’inflazione, alle crisi geopolitiche, il mercato del credito – come evidenziato in apertura da Rino Antonucci – ha dimostrato una resilienza esemplare, mettendo difatti a tacere i proclami sensazionalistici, soprattutto in virtù dei rischi connessi alla pandemia, di “uno tsunami di crediti deteriorati e di un immediato credit crunch”. Evidenziando, di contro, “una fase di riequilibrio e una normalizzazione della gestione del credito”.

In questa direzione, insiste Antonucci, ha giocato un ruolo fondamentale “l’attività e l’impegno straordinario che ha permesso all’intero sistema bancario di imparare dagli errori degli anni passati e di, contestualmente, migliorare i propri processi interni, aumentare i controlli ed essere più efficiente. Questo non vuol dire essere più restrittivi nella concessione del credito, ma essere più attenti alle situazioni di eventuale disequilibrio, così da gestire nel miglior modo possibile la situazione finanziaria dei clienti”.

Aspetti dimostrati e supportati anche dai numeri. D’altronde, come ricorda Edoardo Lambella, “il tasso di default negli ultimi anni è pressocché intorno all’1%, decisamente inferiore rispetto agli scorsi anni”. Dimostrazione evidente di quanto “l’attività di monitoraggio e di prevenzione del settore bancario stia riuscendo a limitare l’avanzata dei crediti deteriorati”. Più incerto invece il ruolo della composizione negoziata, ancora uno “strumento in chiaroscuro”, secondo Lambella. Perché se è vero che può essere utile in determinati contesti, tuttavia “viene molto abusato e comunque non riesce a raggiungere quello che era l’obiettivo ultimo per il quale era stato introdotto: riuscire ad anticipare una situazione di forte crisi”.

I numeri del mercato e l’impatto sulle famiglie

Concentrandoci proprio sui numeri, è abbastanza evidente l’impatto economico rappresentato dagli npl italiani. “Stiamo parlando di una cifra intorno ai 310 miliardi di euro. Di questi circa, 250 miliardi sono riferiti al mercato secondario, praticamente l’80%”, sottolinea Michele Thea, che evidenzia anche altri aspetti fondamentali da tenere in considerazione: la necessità di trovare “un punto di incontro tra chi vende e chi compra, considerando che il contesto economico era diverso – soprattutto in riferimento ai tassi di interesse che erano più bassi -; una maggior attenzione da parte il sistema, dando in questa direzione spazio alla tecnologia; e, infine, il ruolo sociale che può giocare il credit servicing”.  

A livello sociale, è interessante notare, come evidenziato da Antonucci, che anche se l’aumento dei tassi e dell’inflazione ha ridotto la capacità di spesa, tuttavia “le famiglie italiane sono state molto resilienti, anche più di quelle dei paesi nord europei. Non è un caso se nel 2023, e anche in questi primi mesi del 2024, non abbiamo registrato un aumento del tasso default concentrandosi per esempio sui mutui per il residenziale”.

Peraltro, proprio un ruolo cruciale l’ha giocato il settore immobiliare, come sottolineato da Fabio Panzeri. “Partendo dal presupposto che l’industry italiana ha fatto registrare numerosi miglioramenti, soprattutto in materia di concessione e gestione del credito, tuttavia con l’ecobonus è evidente che ci sono stati diversi problemi e che le banche, in questa direzione, sono diventate molto più restie”. Interessante, inoltre, anche la view sugli stage 2 che trova d’accordo tutti i relatori. I quali non lo definiscono un mercato, pur avendo un valore e un impatto molto rilevante di circa 210 miliardi di euro.

Le sfide imminenti e le opportunità

Guardando al futuro, sono diverse le sfide evidenziate dai protagonisti dell’evento. Da “fare qualcosa rispetto al passato per evitare una nuova stratificazione del credito”, fino ad “arrivare allo sviluppo marcato di interventi in equity” e a una “maggior certezza normativa relativa per esempio alla legge fallimentare”. A fare da contraltare la potenza dei dati e il ruolo della tecnologia, indicata a più riprese come lo strumento e l’opportunità perfetta per tutti gli attori in gioco di “servire al meglio i clienti, essere più efficienti e migliorare in toto tutto il sistema creditizio”.

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