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Minacciare azioni legali per crediti inesistenti è estorsione

Corte di cassazione – Sezione II penale – Sentenza 17 dicembre 2012

Il mondo del recupero crediti stragiudiziale vive di poche certezze a causa di una legislazione antichissima. Una di queste è quella di poter rappresentare al debitore inadempiente come conseguenza del mancato pagato l’azione legale senza che ciò comporti problema alcuno.

Questo principio deve però essere declinato correttamente, ossia in buona fede, sulla base del corretto set di informazioni diversamente o si rischiano seri guai.

Per la Cassazione infatti, (sent. 17 12 2012 n. 48733) si commette il reato di estorsione qualora si manifesti il proposito di azioni giudiziarie per ottenere somme non dovute qualora lo si faccia per pretendere somme non dovute ad esempio per fatture false.

Lo ha stabilito respingendo il ricorso – e confermando l’ordinanza del tribunale del riesame che a sua volta confermava la misura del carcere disposta dal Gip di Sanremo – di un uomo che sosteneva di dover essere condannato per truffa per aver presentato delle fatture false e minacciato di agire in giudizio per ottenere il pagamento di somme di denaro che non gli spettavano.

E’ importante quindi che la società di recupero crediti o l’avvocato a beneficio del proprio cliente, verifichi accuratamente, in ipotesi di affidamento di fatture, la veridicità delle stesse prima di iniziare il tentativo di recupero epistolare, che rimane, per le agenzie di recupero crediti una delle fasi dell’attività svolta.

Secondo la Cassazione, che esprime un principio di diritto, “integra gli estremi del reato di estorsione e non quello di truffa la minaccia di prospettare azioni giudiziarie (nella specie decreti ingiuntivi e pignoramenti) al fine di ottenere somme di denaro non dovute o manifestamente sproporzionate rispetto a quelle dovute e l’agente ne sia consapevole, atteso che la pretestuosità della richiesta va ritenuta un male ingiusto”.

Si potrebbe obiettare che la vittima potrebbe difendersi in giudizio, ma la Cassazione non ritiene questa obiezione accettabile in quanto, sebbene sia il processo la sede in cui le ragioni della parte trovino necessariamente una tutela, sicché la persona offesa non avrebbe nulla da temere, questa visione confligge però con le concrete dinamiche processuali che possono rendere qualsiasi vicenda giudiziaria aleatoria; oltre al fatto che “il processo di per sé costituisce una pena”.

Insomma, recuperare i crediti, anche stragiudizialmente, comporta la necessità di verificare attentamente, a beneficio del cliente, i crediti di cui si chiede l’adempimento ed in questa attività, sicuramente  è molto utile l’analisi accurata delle informazioni afferenti il credito medesimo magari arricchendo il kit fornito dal creditore medesimo, e ciò sia lato creditore  sia lato debitore in modo da evitare quanto più possibile di attivare procedure che potrebbero esporre il cliente a spiacevoli conseguenze di carattere penale.

di Marco Recchi
© Riproduzione riservata

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