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MPS in vendita per il 25% dopo anni di gestione statale. Quale futuro?

MPS in vendita per il 25% dopo anni di gestione statale. Quale futuro?

MPS, la cessione fa(rà) bene allo Stato, anche se in perdita. Ma sul futuro ci vuole molta attenzione, soprattutto se lo Stato vuole creare davvero un terzo polo bancario

Cos’è successo?

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha avviato il processo di privatizzazione del Monte dei Paschi di Siena. Nel giro di poche ore, è riuscito a vendere il 25% delle azioni ordinarie della banca attraverso un collocamento accelerato.

La domanda è stata superiore di cinque volte all’offerta iniziale, quindi l’offerta è stata aumentata dal 20 al 25%. Questo successo avvicina il MEF all’obiettivo di uscire (definitivamente) dal capitale del Monte entro la fine del 2024.

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha venduto a fondi internazionali il 25% di Banca Monte dei Paschi di Siena a 2,92 euro per azione. Il prezzo è stato inferiore al prezzo di chiusura del giorno precedente all’operazione, ma superiore al prezzo di sottoscrizione dell’aumento di capitale sociale della banca del novembre 2022.

L’operazione è stata gestita da BofA Securities, Jefferies e Ubs Investment Bank. Il MEF si è impegnato a non vendere ulteriori azioni di Banca MPS sul mercato per 90 giorni.

Il risultato della cessione

A seguito della cessione, la partecipazione dello Stato in Banca Monte dei Paschi di Siena scenderà dal 64,23% a circa il 39,23%. L’operazione è stata completata il 23 novembre, e gli azionisti con una quota rilevante del capitale hanno comunicato la propria partecipazione alla CONSOB entro pochi giorni. Solo allora la CONSOB ha avuto un quadro completo del nuovo azionariato della banca.

Secondo il sito dell’Autorità, prima della cessione lo Stato era l’unico azionista rilevante, mentre gli altri non superavano il 3% del capitale.

Sul sito della banca, nella sezione azionariato, si riscontrano le seguenti parole: “Secondo quanto risulta dalle comunicazioni ricevute ai sensi della normativa vigente ed in base alle altre informazioni a disposizione, nonché sulla base di quanto risultante dal sito istituzionale della CONSOB, i soggetti che, alla data del 23 novembre 2023, possiedono, direttamente e/o indirettamente, azioni ordinarie rappresentative di una percentuale superiore al 3% del capitale sociale dell’Emittente e che non ricadono nei casi di esenzione previsti dall’art. 119-bis del Regolamento Emittenti, risultano i seguenti: MEF: 39,23%, ALTRI AZIONISTI: 60,77%“.

Secondo fonti finanziarie, il collocamento ha coinvolto quasi esclusivamente investitori istituzionali internazionali e italiani, alcuni dei quali già azionisti di MPS. Il retail è stato marginalmente coinvolto, o addirittura assente. Lo scenario sembra dunque simile a quello dell’ultimo aumento di capitale da 2,5 miliardi di euro dell’anno scorso.

La storia di MPS

MPS è una delle banche più antiche d’Italia, fondata nel 1472. Nel corso della sua storia, la banca ha attraversato periodi di grande successo e di profonda crisi.

Negli anni ’90, MPS ha acquisito Banca Antonveneta, una delle più grandi banche private italiane. L’acquisizione ha però avuto un impatto negativo sulle finanze della banca, che ha iniziato a registrare perdite.

Nel 2013, MPS è stata coinvolta nello scandalo dei “mutui ponte“, che ha portato alla condanna di alcuni dirigenti della banca. Lo scandalo ha ulteriormente deteriorato la situazione finanziaria di MPS, che è stata costretta a chiedere un prestito di 3,9 miliardi di euro allo Stato italiano.

Nel 2017, il governo italiano ha nazionalizzato MPS, con l’obiettivo di risanarla e renderla più competitiva. Il governo ha nominato un nuovo management e ha avviato un piano di ristrutturazione della banca.

Perché la vendita del 25% di Mps

La vendita del 25% di MPS è stata uno degli obiettivi del piano di ristrutturazione della banca. Il governo italiano ha deciso di vendere una quota di minoranza della banca, per ridurre la propria partecipazione e rendere MPS più appetibile agli investitori privati.

I pro e i contro della vendita

La vendita del 25% di Monte Paschi ha diversi pro e contro.

I pro sono i seguenti:

  • La vendita permette allo Stato italiano di rientrare (in parte) dei soldi investiti nella banca.
  • La vendita può aiutare MPS a rilanciarsi e a diventare più competitiva.
  • La presenza di un investitore privato può portare nuove competenze e risorse alla banca.

I contro sono i seguenti:

  • La presenza di un investitore privato può ridurre la trasparenza della banca.
  • La presenza di un investitore privato può aumentare i rischi per i risparmiatori.

Il futuro di MPS

Il governo italiano spera di trovare un partner bancario che acquisisca la maggioranza di Banca Monte dei Paschi di Siena. Banco BPM è il candidato principale per creare un terzo polo bancario in Italia, dopo i colossi Intesa Sanpaolo e Unicredit. Anche Unicredit potrebbe essere interessata all’operazione, ma è improbabile che una decisione venga presa prima del rinnovo del consiglio di amministrazione, previsto in primavera.

Per il momento, tutti gli altri principali gruppi bancari italiani hanno escluso un interesse per MPS, inclusa BPER, che aveva a lungo accarezzato l’idea. È anche improbabile che Unipol possa intervenire, dato che l’amministratore delegato Cimbri ha dichiarato che la priorità è attualmente sulle partecipazioni in Banca Popolare di Sondrio e BPER.

Il futuro di MPS, nell’immediato, dipenderà soprattutto da come i fondi a cui è stato venduto il 25%, e lo Stato, che rimane azionista di maggioranza, gestiranno la banca. Se riusciranno a rilanciarla e a renderla più competitiva (anche riuscendo nell’operazione sopra delineata), l’operazione sarà un successo. Tuttavia, se non saranno in grado di gestire la banca in modo efficace, l’operazione potrebbe avere conseguenze negative per i risparmiatori e per l’economia italiana.

I prossimi mesi saranno cruciali per il futuro della banca senese. I nuovi soci dovranno dimostrare di essere in grado di contribuire a gestire la banca in modo efficace e di rispettare le promesse fatte, e lo Stato dovrà continuare a perseguire la strada del disimpegno e della vendita delle quote rimanenti. Anche perché, come riportava Il Foglio con un tweet del 27 settembre, “MPS in attesa di giudizio. Il futuro della banca passa anche dalla sentenza (rinviata) su Profumo e Viola (ex amministratori, ndr.). La mancanza di strategia del MEF non è l’ideale per una banca appena risanata“.

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