Scenario in progressiva definizione, secondo Colombini di Banca Ifis. E occasioni per tutti: 330 miliardi da gestire, buone prospettive d’investimento, banche più prudenti e attente, soprattutto servicer che devono crescere, diversificare, investire in tecnologia e innovazione.
Bene, ma non benissimo.
Così potremmo sintetizzare la situazione odierna degli NPL in Italia: con una formula ironica in modo innocente, dal sapore un po’ giovanile, molto utilizzata nei social network. In termini meteorologici, stabile tendente al bello, con buoni margini di miglioramento.
L’argomento si presenta ormai periodicamente su queste pagine, ma l’occasione è ghiotta. Partiamo infatti dai dati e dalle considerazioni esposti da un grande specialista, Luciano Colombini, amministratore delegato di Banca Ifis, nel corso dell’annuale NPL Meeting, che si è svolto a Venezia pochi giorni fa, il 27 settembre.
Per capire quale aspetto del mercato si presenti positivo, quale meno e per chi, seguendo il pensiero del manager, dobbiamo segmentare contesti e player.
Cominciamo dai protagonisti assoluti, almeno nelle cronache economiche e nella vulgata popolare: gli istituti di credito. Nei loro bilanci troviamo ancora 164 miliardi di crediti non performing. Altri 177, all’incirca, sono stati ceduti: di questi però possiamo affermare solo 11 siano stati recuperati.
Rimangono quindi da gestire, in Italia, circa 330 miliardi di sofferenze. E in questa fase s’inserisce una seconda importante categoria d’operatori, quella che interessa maggiormente a noi: gli operatori del recupero.
La gestione del credito in questa particolare nicchia rappresenta ormai un autentico settore a parte (guarda caso il titolo del convegno veneziano 2019 era: Run the industry), con 49 servicer, 984 agenzie, 13.300 dipendenti. E una crescita percentuale a doppia cifra.
Individuata la trama, il set e scelti gli attori, passiamo al copione. Come si muoveranno o dovranno comportarsi banche e recuperatori, nei prossimi mesi, per dare un’ulteriore e proficua mossa alle prospettive del mercato?
Le prime, sotto la pressione delle vigilanze nazionali ed europee, già da tempo stanno elaborando e adottando criteri di erogazione più prudenti, tenendo nello stesso tempo sotto stretta osservazione le performance delle società beneficiate, in modo da poter intervenire con tempestività nel caso di allarmi.
Dovranno in ogni caso decidere quali cespiti gestire direttamente e quali invece affidare a società di servicing. Una scelta delicata, stretta tra l’opportunità di consegnare il recupero a specialisti e l’esigenza di non deresponsabilizzare le proprie strutture all’atto del contenzioso.
E i servicer?
Per loro si configura la necessità di raggiungere maggiori dimensioni, ampliare l’offerta per coprire la più ampia gamma di crediti e selezionare la migliore strategia di recupero (giudiziale, stragiudiziale, vendita, rinegoziazione del collaterale ecc).
Il recupero, quindi, in generale, rimane il tema chiave: da quanto considerato finora appare evidente che un ruolo da game changer, nella efficace ed efficiente gestione dei crediti scaduti lo giocheranno gli investimenti in tecnologie all’altezza, per migliorare il tasso di recupero e sostenere la presenza di economie di scala (a proposito: il tema di Fiera del Credito 2020 è proprio l’innovazione. Un motivo in più per farci un salto).
Da buone a ottime le prospettive per gli investitori: prezzi stabili, in leggero aumento, ma qualità dei portafogli nettamente migliore rispetto al passato, volumi attesi consistenti. Ritorni, quindi, sicuramente interessanti anche per il prossimo anno.
In conclusione, una situazione ancora mobile e dinamica, che offre però maggiori sicurezze rispetto al passato. Tutti gli stakeholder possono approfittarne: nel caso di chi opera per il recupero, tanto per cambiare, condizioni necessarie sono l’intelligenza nell’osservazione, lo sguardo aperto, l’attitudine innovativa. Che ve lo diciamo a fare?