Lo rileva la mappa dei crediti deteriorati delle banche, realizzata dalla Fabi (Federazione Autonoma Bancari Italiani)
Sono ormai arrivati a quasi 97 miliardi di euro gli Npl in Italia. Di essi, la metà è concentrata nel nord Italia. Lo rileva la mappa dei crediti deteriorati delle banche, diffusa nel maggio scorso da Fabi (Federazione Autonoma Bancari Italiani) e aggiornata a fine 2020. Gli Npl sono concentrati maggiormente in cinque regioni, con una distribuzione territoriale che copre per più della metà il Nord Ovest e il Centro, per il 20% il Nord Est e per la restante parte è suddiviso tra Centro (24%) e Sud (14%). In particolare, la maggiore concentrazione di crediti deteriorati è in Lombardia (24%), Lazio (13%), Emilia-Romagna (9%), Veneto (8%) e Toscana (6,7%). Sono inferiori in Trentino-Alto Adige (2%), Umbria (1,9%), Liguria (1,8%), Calabria (1,6%) e Friuli-Venezia Giulia (l’1,5%).
Tra i circa 50 miliardi di euro di prestiti non rimborsati al Nord e i 38 miliardi di euro ancora pendenti al Centro Sud, l’Emilia-Romagna, il Lazio e la Lombardia insieme costituiscono quasi la metà dei debitori complessivi e rispettivamente il 52% delle inadempienze probabili e il 43% delle sofferenze. In Sicilia e Sardegna, dove la percentuale di imprese messe in ginocchio a fine 2020 per mancati rimborsi rappresentano insieme il 7,5% del totale.
Inoltre, dei quasi 97 miliardi totali di Npl a livello nazionale, 71,1 miliardi fanno capo alle aziende italiane e solo 14,4 miliardi di euro sono associati alle famiglie. La fotografia dei crediti deteriorati si sovrappone alla geografia economica italiana: si riscontra infatti una corrispondenza tra la ripartizione delle sofferenze e le aree del Paese che producono di più. A eccezione dei prestiti scaduti, in tutte le altre due categorie del rischio di credito (sofferenze e inadempienze probabili), il settore produttivo italiano vanta maggiori rischi rispetto alle famiglie, anche se più marcati in alcune aree rispetto ad altre. Solo il 27% dei complessivi 96,9 miliardi di euro è in capo alle famiglie (14,4 miliardi) mentre oltre il 70% dei volumi appartiene alle aziende (71,1 miliardi), che dimostrano di essere i debitori maggiormente in difficoltà nei confronti delle banche.
Il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni, ha commentato così i dati sui crediti deteriorati: “Questi numeri dimostrano come le imprese e le famiglie siano particolarmente colpite da una pesante crisi economica e il governo deve mettere in condizione questi soggetti di poter ripartire e dimostrano anche che la situazione è peggiorata nella seconda fase della pandemia. Dove ci sono più imprese, la crisi economica dovuta anche al Covid ha colpito di più. Un argomento che sta noi a cuore, e ne abbiamo fatto una battaglia, è l’approvazione della norma che consente di allungare le scadenze per rimborsare i prestiti per l’acquisto delle abitazioni finite all’asta. Finalmente centinaia di migliaia di famiglie non correranno più il rischio di perdere così la propria abitazione”.
Sileoni ha poi ricordato il duro richiamo alle banche di Andrea Enria (numero uno della Vigilanza Bancaria della Bce), affinché prestino maggiore attenzione ai rischi relativi ai prestiti bancari. “La Banca centrale europea e l’Eba (Autorità bancaria europea) hanno chiesto alle banche di gestire le sofferenze bancarie, cioè i prestiti non rimborsati, aumentando fortemente i criteri di controllo e gestione: le banche europee da quest’anno devono smaltire dai 7 ai 9 anni i crediti in sofferenza coperti da garanzia reale, in soli 3 anni quelli senza garanzie reali. Noi teniamo sotto controllo quello che fanno le banche italiane e perciò abbiamo realizzato una mappa dei rischi ovvero la ripartizione territoriale delle sofferenze”, ha aggiunto il segretario generale della Fabi. Ricordiamo che nei mesi scorsi anche il centro studi di Unimpresa e Banca d’Italia avevano lanciato l’allarme sull’esplosione dei crediti deteriorati.