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Le nuove parole del rischio

Le nuove parole del rischio

Il rischio è un concetto complesso, che è stato studiato e discusso in vari campi, come la finanza, le assicurazioni e l’economia.

Definiamo il rischio

È un aspetto intrinseco della vita e viene definito come l’incertezza o il danno potenziale che potrebbe derivare da una certa azione o decisione. Il concetto di rischio può essere descritto attraverso varie parole e frasi, ognuna con un proprio significato e contesto. Iniziamo esplorando alcune delle parole più importanti che definiscono il concetto di rischio.

Le parole che definiscono il rischio

  • Incertezza: L’incertezza è la mancanza di certezza o di prevedibilità dell’esito di una situazione. Questo è un aspetto fondamentale del rischio, poiché il danno potenziale che potrebbe derivare da una decisione o da un’azione è incerto e sconosciuto.
  • Probabilità: La probabilità si riferisce alla probabilità che un determinato risultato si verifichi. Si tratta di un aspetto importante della valutazione del rischio, poiché il danno potenziale che potrebbe derivare da una decisione o da un’azione è spesso legato alla probabilità che tale esito si verifichi.
  • Conseguenza: La conseguenza si riferisce al risultato o all’esito di una decisione o di un’azione. Nel contesto del rischio, la conseguenza è il danno potenziale che potrebbe derivare da una certa decisione o azione.
  • Vulnerabilità: La vulnerabilità si riferisce alla predisposizione a subire danni o pregiudizi. Nel contesto del rischio, la vulnerabilità è spesso correlata al danno potenziale che potrebbe derivare da una decisione o da un’azione ed è influenzata da vari fattori come l’ambiente, la tecnologia e il comportamento umano.
  • Pericolo: per pericolo si intende una fonte di danno o pericolo potenziale. Nel contesto del rischio, i pericoli sono spesso legati alle potenziali conseguenze di una decisione o di un’azione e possono includere disastri naturali, guasti tecnologici o errori umani.
  • Mitigazione: La mitigazione si riferisce alle azioni intraprese per ridurre la probabilità o la gravità di un danno. Nel contesto del rischio, la mitigazione è spesso legata alla riduzione del danno potenziale che potrebbe derivare da una decisione o da un’azione e può includere misure quali la valutazione del rischio, la gestione del rischio e le strategie di riduzione del rischio.
  • Valutazione del rischio: La valutazione del rischio è il processo di valutazione della probabilità e delle conseguenze di un danno potenziale e rappresenta un aspetto importante della gestione del rischio. L’obiettivo della valutazione del rischio è identificare i rischi potenziali, comprendere la probabilità che si verifichi un danno e valutare le conseguenze di tale danno.
  • Gestione del rischio: La gestione del rischio è il processo di identificazione, valutazione e prioritizzazione dei rischi e l’attuazione di strategie per ridurre al minimo la probabilità o la gravità del danno. Si tratta di un aspetto importante del rischio, in quanto aiuta le organizzazioni e gli individui a prendere decisioni informate e ad agire per ridurre al minimo i danni potenziali.

Le nuove parole del rischio

In sintesi, queste sono le parole chiave principali del concetto di rischio, un concetto che è un aspetto complesso e sfaccettato della vita.

Ma ce ne sono molte altre e, in questo articolo, vedremo di affrontarne alcune che non sono note alla massima parte dei retailer, cioè del pubblico indistinto, e quindi considerabili anche come “nuove”.

Per farlo, ci facciamo aiutare dal Museo del Risparmio di Torino, nelle loro parole “un luogo unico, innovativo e divertente per avvicinarsi, con un linguaggio semplice, ai concetti di risparmio e investimento.” E cominciamo vedendo per prime la varie forme di rischio.

Rischio di credito

Rischio di insolvenza della clientela finanziata da una banca, cioè rischio di perdita totale o parziale dei relativi crediti, per capitali prestati ed interessi maturati.

In genere la gestione bancaria si cautela contro questa componente di rischio. Lo fa attuando preventivamente una prudente ed oculata valutazione di affidabilità della clientela richiedente prestiti, ed eventualmente stipulando tipologie contrattuali di prestito assistite da garanzie di natura reale e personale.

Ma lo fa anche precostituendo, mediante congrui accantonamenti su base annuale, appositi fondi rischi su crediti, ai quali verranno addebitate in seguito le eventuali perdite su crediti realizzate dopo l’esperimento delle svariate procedure di recupero dei crediti in contenzioso.

Ne consegue che il rischio di credito partecipa alla formazione del risultato economico gestionale in via preventiva, tramite gli accantonamenti di idonee quote ai suddetti fondi.

Rischio di controparte

Il rischio di controparte è il rischio che la controparte di una delle transazioni risulti inadempiente prima del regolamento definitivo dei flussi finanziari della transazione stessa.

Il rischio di controparte è un caso particolare di rischio di credito, caratterizzato dal fatto che l’esposizione, a motivo della natura finanziaria del contratto stipulato fra le parti, è incerta, e può variare nel tempo in funzione dell’andamento dei fattori di mercato sottostanti.

Inoltre, a differenza del rischio di credito generato da un finanziamento, dove la probabilità di perdita è unilaterale in quanto essa è in capo alla banca erogante, il rischio di controparte crea, di regola, un rischio di perdita di tipo bilaterale. Infatti, il valore di mercato della transazione può essere positivo o negativo per entrambe le controparti.

Rischio di liquidità

Eventualità per il creditore che un’obbligazione finanziaria venga assolta non alla scadenza, ma con ritardo non predeterminatom anche se breve. Nei sistemi di pagamento prende la denominazione di rischio di regolamento.

Rischio di mercato

Il Rischio di Mercato (Market Risk) è rappresentato dalla probabilità che le attività finanziarie, scambiate su un mercato sufficientemente liquido, siano sottoposte a sensibili oscillazioni della propria quotazione, a causa dell’imprevedibilità di fattori in grado di influenzarla.

Tali fattori possono essere l’incertezza legata, oltre che all’andamento della quotazione dell’attività finanziaria stessa, anche all’andamento dei principali indicatori finanziari di mercato (EURIBORLIBOR, spread tra titoli di stato di un dato paese e titoli di stato percepiti come risk free, tassi di cambio), o anche indicatori reali (tasso di inflazione e di disoccupazione di un dato paese, indici della produzione industriale, rischi legati all’oscillazione del prezzo di commodities strettamente correlate all’attività finanziaria stessa).

La misurazione del rischio di mercato fornisce la probabilità di perdita inattesa legata all’attività finanziaria, tramite modelli di misurazione del tipo Value at risk (VaR). Tali modelli hanno l’obiettivo di calcolare la perdita potenziale generabile dai rischi definiti sopra, su un dato orizzonte temporale e con un dato livello di confidenza statistica.

Rischio operativo

È il rischio di perdite derivanti da processi, personale e sistemi interni inadeguati o carenti, oppure dovute ad eventi esogeni. Questa definizione del rischio operativo è stata formulata nell’ambito del Nuovo Accordo di Basilea sui requisiti patrimoniali (Basilea 2) che ha incluso un coefficiente patrimoniale minimo specifico per tale tipologia di rischio, sia per dare alle banche maggiori incentivi a elaborare metodi per la misurazione e sistemi di gestione del rischio operativo, sia per garantire che esse dispongano di sufficienti margini patrimoniali per farvi fronte.

Il Rischio Operativo (Operational Risk) è rappresentato dalla probabilità che l’attività finanziaria subisca delle oscillazioni di valore a causa di fattori non prevedibili, che scaturiscono nel corso della normale operatività di una banca. In generale, rientrano nella categoria dei rischi operativi:

  1. tutti quei rischi legati ad incombenze legali e burocratiche che possono inficiare il buon fine di un’operazione finanziaria;
  2. la possibilità di incorrere in frodi (interne o esterne alla banca) o irregolarità di esecuzione delle transazioni (clients, products, & business practice);
  3. la perdita fisica dei beni sottostanti l’attività finanziaria oggetto di valutazione.

Rischio idiosincratico

Il rischio idiosincratico, noto anche come rischio non sistematico, è il rischio che non è correlato al rischio di mercato complessivo. E’ quindi il rischio di variazione del prezzo causato dalle circostanze uniche di un particolare titolo, o il rischio che è specifico del settore o dell’impresa. In parole povere è il rischio che riguarda solo una determinata azienda o settore, ma non l’intero mercato.

E adesso veniamo al significato altre parole, molte decisamente di conoscenza non usuale per il mondo del “pubblico indistinto”.

Capitale economico

In matematica finanziaria è la parte principale di averi in denaro, produttivo di frutti periodici anch’essi in denaro, cioè dell’interesse. L’origine del termine è nella pratica della mercatura, che distingueva nei conti il credito principale, ovvero la somma principale, in latino caput (da cui capitalis) dal credito derivato costituito dal quod interest (ciò che attiene), e cioè l’interesse. Principal è detto anche oggi in inglese il capitale, cioè la somma in denaro su cui va calcolato l’interesse.

Asset pesati per il rischio

Le attività ponderate per il rischio, o Risk-Weighted Assets (RWA), rappresentano la sintesi dei principali fattori di rischio riconducibili a una data attività finanziaria.

Tali fattori vengono contemplati allo scopo di “correggere” il valore nominale dell’attività in modo da poter esprimere una più appropriata misurazione del suo valore. La logica d’inclusione del rischio all’interno del valore degli asset è quella di attribuire un coefficiente di ponderazione via via crescente all’aumentare della rischiosità stessa, in modo che il calcolo produca un incremento degli RWA all’aumentare del rischio delle attività, e decrescente al diminuire di essa.

Adeguatezza patrimoniale

Quando si parla di adeguatezza, o solidità patrimoniale, si fa riferimento alla capacità dell’azienda di basare il finanziamento complessivo della gestione sul capitale proprio, portato dai proprietari, limitando nello stesso tempo il peso dell’indebitamento verso le banche e altri soggetti prestatori di capitale, cioè di essere dotata di adeguati mezzi propri

L’espressione adeguatezza patrimoniale è tra l’altro usata per individuare uno degli indici di allerta scelti dal CNDCEC nell’ambito del codice della crisi d’impresa e della insolvenza e prevede un confronto tra il capitale proprio e i debiti totali dell’azienda alla data del bilancio d’esercizio. 

In sostanza, si tratta del confronto tra le due voci dello stato patrimoniale che compongono il totale delle fonti di finanziamento che l’azienda usa per coprire i fabbisogni di capitale determinati dagli investimenti per attivo fisso e attivo corrente.

Risk Appetite Framework (RAF)

È un sistema di riferimento che stabilisce il perimetro ex ante dell’area di rischio entro cui le banche intendono muoversi. In pratica, è uno strumento di governance del rischio che delinea i limiti operativi per raggiungere gli obiettivi strategici nel lungo periodo.

È un processo di gestione aziendale che definisce la propensione al rischio consapevole, ovvero consente di delineare i limiti entro cui agire per raggiungere gli obiettivi prefissati in base al proprio modello di business, mirando a garantire un’adeguata assunzione dei rischi.

Diversificazione

Investire le risorse finanziarie applicando il principio di diversificazione significa investire il patrimonio in classi di attività differenti (azioni, obbligazioni, fondi comuni di investimento, altro). La diversificazione consente di ridurre il livello di rischio e permette di cogliere, con maggiore probabilità, le migliori opportunità di rendimento.

Leva finanziaria

È l’espressione italiana del termineleverage (di origine americana, ormai generalmente accettato; solo in Inghilterra è invece usuale la parola gearing). Si tratta dell’ effetto moltiplicativo della differenza tra redditività del capitale investito e costo del capitale di prestito di un’impresa misurato dall’indice che porta lo stesso nome, e cioè dal rapporto tra mezzi di terzi e mezzi propri.

Rating

Opinione espressa da un’organizzazione indipendente, detta correntemente “agenzia di rating”, sulla capacità di un’emittente o di un’emissione di far fronte agli impegni finanziari (pagamento di interessi o dividendi e rimborso del capitale) secondo certe scadenze.

Il rating può quindi riguardare l’emittente (e in tal caso è detto “rating di controparte”, counterparty risk rating, issuer credit rating), oppure un’emissione particolare. L’emittente può essere un’impresa, un’organizzazione non business, uno Stato, una collettività locale o altro ente pubblico.

Nel caso delle imprese occorre distinguere, quanto alla dimensione, tra grandi imprese e piccole e medie imprese (PMI) e, quanto all’attività, tra banche, fondi comuni d’investimento, compagnie di assicurazione, altri servizi finanziari, altre imprese.

Alla segmentazione corrisponde anche una specializzazione in termini di criteri di analisi, scale di valutazione, conoscenza dei mercati, delle tecnologie, da parte dei valutatori. 

Modello di rating interno

Con il metodo dei rating interni (IRB) le banche possono costruirsi un proprio modello per attribuire ai clienti affidati un rating in base al quale determinare il rischio e l’accantonamento patrimoniale.

I modelli di rating interno si dividono a loro volta in due insiemi che sono:

  • Foundation – (FIRBA: Foundation Internal Ratings-Based Approcheas) che sono piuttosto standard, modelli in gran parte predefiniti da regole che non possono essere modificate;
  • Advanced – (AIRBA: Advanced Internal Ratings-Based Approcheas) più complesso in cui tutti i parametri di misurazione del rischio sono i risultati dei modelli interni.

La misurazione del rating interno è fondamentale per la determinazione del rischio e l’erogazione del credito. Il risultato finale dipende dal coefficiente di ponderazione.

Tale coefficiente dipende dal risultato di un modello interno calcolato dalla banca. I parametri che determinano il rischio con il metodo dei rating interni sono i seguenti:

  • Probability of Default (PD) è la probabilità d’insolvenza, cioè la probabilità che il debitore sia inadempiente, al termine di un periodo di riferimento che di solito è di un anno;
  • Loss Given Default (LGD) rappresenta, la perdita in caso d’insolvenza, la percentuale di credito che si stima di perdere qualora si verifichi l’inadempienza;
  • Exposure at Default (EAD) l’esposizione creditizia al momento dell’inadempienza, esprime un andamento futuro dell’esposizione al rischio;
  • Maturity (M) la durata effettiva del credito.

Con una serie di combinazioni dei parametri appena descritti il valore del coefficiente di ponderazione può essere significativamente inferiore oppure superiore al 100%, sempre riferendosi alle stime assegnate ai parametri che lo determinano.

Investment grade

L’investment grade è un rating che indica che un’obbligazione statale, municipale o societaria presenta un rischio relativamente basso di insolvenza. Le società di rating delle obbligazioni, come Standard & Poor’s, Moody’s e Fitch, utilizzano denominazioni diverse, costituite dalle lettere maiuscole e minuscole “A” e “B”, per identificare il rating della qualità del credito di un’obbligazione.

AAA e AA (alta qualità del credito) e A e BBB (media qualità del credito) sono considerate investment grade. Le obbligazioni con rating inferiore a queste designazioni (“BB”, “B”, “CCC”, ecc.) sono considerate di bassa qualità creditizia, e vengono comunemente chiamate “obbligazioni spazzatura“.

Override

Gli override dei rating creditizi sono importanti correttivi dei rating determinati da modelli statistici di rating. Le istituzioni finanziarie e le autorità di regolamentazione bancaria sono d’accordo su questo punto perché, da un lato, gli errori nei rating delle società o delle banche possono avere conseguenze fatali per gli istituti di credito e, dall’altro, gli errori dei metodi statistici possono essere minimizzati ma non completamente evitati.

Ciononostante, gli scavalcamenti di rating possono essere utilizzati in modo improprio per nascondere la reale rischiosità di mutuatari o addirittura di interi portafogli. Per questo motivo, gli scavalcamenti di rating sono di solito strettamente regolamentati e accuratamente registrati.

Perdita attesa

Misura adottata per quantificare il rischio di credito e costituita da tre componenti:
1. esposizione al momento dell’insolvenza (EAD), cioè ammontare dell’esposizione attesa della banca nei confronti del debitore al momento dell’insolvenza;
2. probabilità di insolvenza (PD), cioè probabilità che una controparte passi allo stato di insolvenza entro un orizzonte temporale di un anno;
3. perdita in caso di insolvenza (LGD), cioè valore atteso del rapporto, espresso in termini percentuali, tra la perdita in caso di insolvenza e l’importo al momento dell’insolvenza.

Perdita in caso di default (LGD)

Si tratta di una misura del rischio di recupero dei crediti da parte di una banca. È una delle componenti del processo di determinazione del rischio di credito inserita dall’accordo Basilea II al fine di calcolare il patrimonio di vigilanza richiesto agli istituti bancari per la copertura dei rischi.

La LGD è la perdita di credito che, in caso di default (fallimento), non è possibile recuperare, né per via giudiziale né stragiudiziale, tenuto anche conto delle spese sostenute e dei tempi richiesti dal tentativo di recupero. Riguarda le singole linee di credito, non già il debitore come soggetto passivo dell’obbligazione.

La LGD è così definita dalla Circolare n 263 del 27 dicembre 2006 della Banca d’Italia: il tasso di perdita in caso di default, ossia il valore atteso (eventualmente condizionato a scenari avversi) del rapporto, espresso in termini percentuali, tra la perdita a causa del default e l’importo dell’esposizione al momento del default (Exposure At Default, EAD, visto poco fa)

Probabilità di default

La probabilità di default è la probabilità che l’impresa risulti inadempiente nell’arco del periodo di tempo considerato (solitamente 12 mesi), e viene misurata lungo una scala di punteggio che va da 0 a 100. La PD contribuisce, insieme alla LGD e alla EAD, alla definizione della perdita attesa.

Spread

In borsa e in finanza indica l’esistenza di due prezzi invece che di uno solo e anche lo scarto tra di essi, per esempio nel caso di denaro e lettera (domanda ed offerta).

Oggi uno degli spread più noti esprime la differenza fra il rendimento dei titoli di stato decennali italiani (BTP) e quelli tedeschi (Bund), e il suo valore è un parametro di riferimento per poter determinare la stabilità economica di un paese (maggiore è lo spread, minore sarà la solidità finanziaria del paese).

Nelle operazioni di finanziamento, indica l’addizionale di interesse aggiunta al tasso base di riferimento. In tal caso lo spread è generalmente fisso per tutta la durata del prestito, ma talvolta viene negoziato un altro spread, detto split, stabilito in una data misura per i primi anni del prestito e in un’altra, maggiore o minore della prima, per la sua vita residua.

Stress test

La vigilanza bancaria europea utilizza le prove di stress per valutare la capacità di tenuta degli enti creditizi agli shock economici e finanziari. I risultati di queste prove aiutano le autorità di vigilanza a identificare le vulnerabilità degli enti, e ad affrontarle tempestivamente nel dialogo di vigilanza con le banche.

Value-at-risk (VAR)

Massima perdita prevista, per un certo livello di probabilità e lungo un dato intervallo temporale, a seguito di mutamenti sfavorevoli nelle variabili di mercato, sulla quale si basano le metodologie di risk management.

A un livello di probabilità più elevato (che equivale a un intervallo di confidenza più ristretto) corrisponderà una maggiore certezza per il decisore che il valore di massima perdita prevista effettivamente comprenda (sia quindi maggiore o uguale) le perdite che potranno essere realizzate in futuro, considerando fissato il portafoglio e l’intervallo di tempo in cui si effettua l’analisi. 

SREP

Le autorità di vigilanza svolgono un regolare esercizio di valutazione e misurazione dei rischi a livello di singola banca. Questo momento fondamentale dell’attività di vigilanza, denominato “processo di revisione e valutazione prudenziale” (supervisory review and evaluation process, SREP), consiste nel sintetizzare i risultati emersi dall’analisi per un dato anno, e nell’indicare alla banca le azioni da intraprendere.

Nello specifico, lo SREP mette a fuoco la situazione dell’intermediario in termini di requisiti patrimoniali, nonché di gestione dei rischi. Nella decisione SREP, che l’autorità di vigilanza invia alla banca a conclusione del processo, si definiscono gli obiettivi fondamentali per fronteggiare le problematiche riscontrate. La banca deve quindi effettuare un intervento correttivo nei tempi previsti.

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