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Ogni anno 11mila nuove procedure fallimentari

Le attese di una discesa veloce delle procedure – che rimetterebbe più risorse al lavoro nell’economia reale – rischiano di essere frustrate dalla pandemia.

Nei tribunali italiani ogni anno si aprono 11mila nuove procedure fallimentari, mentre ne restano 83mila ancora da chiudere. Questa la fotografia scattata al 31 dicembre 2019 da Cherry Sea, l’innovativo osservatorio di Cherry Bit – società che sviluppa algoritmi di intelligenza artificiale applicata al mondo del credito deteriorato – che tramite i portali del Ministero della Giustizia ha realizzato un’analisi sui dati relativi a tutti i fallimenti registrati nei 140 tribunali italiani dal 2010 a fine 2019.

Stock di procedure fallimentari: la classifica
L’analisi, in particolare, si è concentrata sui dati dei venti tribunali più attivi nel 2019, cioè quelli che hanno gestito il maggior numero di nuovi procedimenti, evidenziando come delle 5.472 pratiche complessivamente aperte nei dodici mesi, il 35% sia stato preso in carico dai soli tribunali di Milano (1.019) e Roma (897), quest’ultimo con un importante scarto rispetto al terzo in graduatoria (Torino, 289). Utilizzando lo stesso campione, emerge come i capoluoghi di Lazio e Lombardia siano anche i tribunali con il maggior numero di procedure pendenti, rispettivamente 5.196 e 5.023 (il terzo è Bari con 2.091, il tribunale con minor numero di procedure è Genova con 748), rappresentanti circa il 30% del totale dei procedimenti che al 31 dicembre 2019 risultano accumulati nei venti tribunali in esame.

Nuovi procedimenti e procedure pendenti
Analizzando lo storico e la variazione percentuale del numero di pratiche negli ultimi cinque anni di attività (2015 – 2019), si riscontra come nella maggior parte dei tribunali selezionati sia diminuito negli anni il numero di procedure aperte e di conseguenza anche il numero di situazioni pendenti. Gli esempi che dimostrano il trend migliore sono rappresentati da Torino, Vicenza e Napoli, nei cui tribunali le nuove pratiche aperte si sono ridotte del 37, 20 e 34%, consentendo di alleggerire il carico dei pendenti rispettivamente del 43, 24 e 21%. Si verificano due casi, nei tribunali di Cagliari e Catania, in cui a un aumento del 17 e 15% di aperture di nuove pratiche è conseguito un aumento delle procedure pendenti (rispettivamente del 5 e 1%), mentre i dati più negativi si registrano a Verona, Firenze e Busto Arsizio, dove pur in presenza di una riduzione del numero di pratiche aperte (-1, -11 e -14%), si sono accumulate ulteriori procedure pendenti (con variazioni rispettivamente del 9, 2 e 0,6%).

I tempi della giustizia: Bari oltre tre volte più lento di Torino
Per offrire una stima della durata dei procedimenti, è stata utilizzata la metrica del Disposition Time (DT), già adottata dalla CEPEJ (Commissione europea per l’efficienza della giustizia), che può essere interpretata come il tempo necessario per smaltire i procedimenti pendenti alla fine di un dato anno. Applicando tale parametro al campione individuato, emerge come Torino, terzo tribunale più attivo del 2019 in Italia con 289 pratiche aperte, sia quello in grado di chiudere le pratiche pendenti nel minor tempo (2,8 anni); al fondo di questa classifica, invece, si piazza Bari, con 10,1 anni necessari per chiudere i pendenti, nonostante “solo” 174 pratiche aperte nel 2019. Negli ultimi 5 anni (2015-2019) la media dei Disposition Time dei venti tribunali in esame mostra un miglioramento complessivo costante del dato, passato dai 7,97 anni del 2015 ai 5,40 del 2019, evidenziando una tendenza cui fanno eccezione i soli tribunali di Catania e Cagliari, in cui nello stesso periodo si è assistito a un incremento del DT rispettivamente da 7,6 a 9,3 anni e da 5,5 a 6,3. Nello stesso arco di tempo, i tribunali con il DT medio migliore sono Torino, Bergamo e Milano, con un valore compreso tra i 4 e i 5 anni, mentre i tribunali con tempi più lunghi nello smaltire i pendenti sono Padova, Verona, Catania e Bari, con DT compreso tra i 7 e gli 11 anni.

Nel 2019 48 nuove procedure fallimentari e 288 pendenti per ogni giudice
Per avere una visione ancora più approfondita, sono stati incrociati i dati del Disposition Time con il parametro del Clearance Rate (CR), che indica il tasso di smaltimento delle procedure da parte del tribunale e si misura come il rapporto tra il numero di procedimenti conclusi nell’anno e quelli aperti (un CR maggiore al 100% indica che il tribunale, in un anno, riesce a “smaltire” più procedimenti di quanti ne apre). Dalle osservazioni condotte da Cherry Sea sui venti tribunali più attivi nel 2019, appare che solo la metà di questi è in grado di chiudere più procedimenti di quanti se ne aprono, mantenendo un DT inferiore ai 5 anni, mentre un quarto (in particolare i tribunali di Milano, Firenze, Verona, Catania, Cagliari) continua ad accumulare pratiche e ad avere un DT superiore ai cinque anni. L’analisi dell’osservatorio di Cherry, inoltre, mette in luce come i livelli di efficienza siano spesso legati a un’insufficiente disponibilità di giudici assegnati alla sezione fallimentare: Milano, per esempio, secondo tribunale in Italia nel 2019 per numero di magistrati delegati a questa tipologia di procedure (10 alla pari di Napoli e dietro a Roma con 12), si è trovato tuttavia a gestire oltre 1.000 nuove pratiche lo scorso anno, per una media di 100 ogni giudice, e presenta un CR del 97%. Allo stesso modo, Cagliari e Firenze, tribunali con CR pari a 89 e 95% e DT superiore ai 6 anni, accusano nel 2019 carichi rispettivamente di 89 e 83 procedure sopravvenute per ogni giudice, mentre tribunali come Napoli, Torino e Bologna, che vantano un CR compreso tra 180 e 240% e DT inferiore ai 4 anni, possono contare su un rapporto tra nuove pratiche per giudice inferiore alle 35 unità. Sul tribunale di Bari, invece, che pure presenta un CR del 118%, grava un DT superiore ai 10 anni, sintomo di difficoltà a smaltire le procedure accumulate nel passato, nonostante impieghi lo stesso numero di giudici di Torino (6). Tra i venti tribunali con il maggior numero di procedure aperte nel 2019, complessivamente, la media è di 48 nuove pratiche per giudice all’anno. Per quanto riguarda le procedure pendenti, invece, la media è di 288,85 per ogni giudice, con punte di oltre 500 pratiche per giudice nei tribunali di Milano, Cagliari e Firenze.

La difficoltà a smaltire i fallimenti nei tribunali è un’emergenza cronica del nostro Paese, che oggi si trova a fare i conti con l’altra emergenza, quella sanitaria – commenta Giovanni Bossi, founder di Cherry – Il rischio concreto è che la pandemia ponga un freno ulteriore allo smaltimento delle procedure, che già era sovraccaricato alla fine dello scorso anno. Velocizzare i tempi e rendere più efficienti le procedure di recupero giudiziale è un obiettivo fondamentale per la ripartenza, per rimettere in circolo nell’economia reale capitali e asset “congelati”. Si tratta di una partita importante non solo per il mondo della finanza, ma anche per le imprese, sia quelle che hanno difficoltà ad accedere al credito, sia quelle che, a causa della lentezza delle procedure fallimentari, faticano a recuperare i crediti, rischiando a loro volta il fallimento.

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