Azioni straordinarie che mirano a ridisegnare la struttura e il capitale di un’impresa. Tramite denaro o azioni, oppure con la combinazione di entrambi, OPS, OPA e OPAS sono operazioni che spesso finiscono nei titoli dei giornali. Per comprenderne a pieno il significato, le abbiamo analizzate una ad una.
Dopo il caso dell’OPS lanciata da Unicredit su Bpm – mossa del tutto inaspettata di Orcel che ha aperto nuovi scenari nel panorama bancario del nostro Paese – vale la pena approfondire la natura e il funzionamento delle principali operazioni finanziarie straordinarie, adottate per modificare il capitale sociale o la struttura proprietaria di un’impresa. Ecco dunque, nel dettaglio, in cosa consistono OPS, OPA OPAS e quali sono le principali differenze.
OPS
Partiamo dall’OPS: acronimo di Offerta Pubblica di Scambio, consiste in un’offerta di acquisto di azioni, in cui il pagamento non avviene in contanti, bensì in titoli azionari. Nello specifico, i titoli azionari offerti appartengono alla stessa società offerente, oppure sono di altre aziende di cui detiene la proprietà. In questo modo, gli azionisti che aderiscono all’OPS, diventano azionisti del proponente oppure della società che emette le azioni. Il vantaggio per chi effettua questo tipo di operazioni risiede proprio nel fatto che non deve effettuare alcun esborso di denaro.
OPA
L’OPA, acronimo di Offerta Pubblica di Acquisto, è una procedura disciplinata dagli articoli 02-112 del Testo unico della finanza (Tuf), e da alcune norme della Consob. In concreto, prevede il lancio pubblico – da parte di una società proponente – di un’offerta per l’acquisto di tutte o solo una parte delle azioni di una società prescelta, al medesimo prezzo. I soci di maggioranza o minoranza della realtà oggetto dell’operazione accettano di cedere i propri titoli, alle condizioni proposte, ottenendo in cambio denaro contante. Una volta ottenuta la liquidazione del compenso pattuito, gli azionisti della società target escono dall’azionariato.
Per concretizzare l’operazione di acquisizione di parte o tutte le azioni di una società è necessario osservare la seguente procedura: l’offerta – ritenuta pubblica se riguarda almeno 150 soggetti – deve essere comunicata per iscritto alla CONSOB, prima del lancio, mediante un documento nel quale vengono riportati tutti i dettagli dell’operazione, in primis la quantità di titoli che si intende acquistare, il prezzo proposto e le ragioni che sottendono all’operazione.
L’autorità di Borsa indica invece, le eventuali informazioni integrative e definisce le modalità di pubblicazione, nonché le garanzie da prestare, entro un termine predefinito. Si va dai 15 ai 30 giorni, a seconda che le azioni in questione siano quotate o meno. Entro tale termine, la CONSOB dovrebbe esprimere la propria posizione. Se ciò non avviene, vale il silenzio-assenso, quindi il documento può essere pubblicato.
Anche la società oggetto di acquisizione ha i propri doveri: ha l’obbligo di comunicare pubblicamente tutti i dettagli dell’offerta ricevuta, affinché gli azionisti possano valutarla ed esprimere il proprio giudizio.
OPA volontaria e obbligatoria
Entrando più nel dettaglio, l’OPA si distingue in due tipologie principali: volontaria e obbligatoria. Si definisce volontaria, quando un offerente prende l’iniziativa e propone liberamente una quantità di azioni che intende acquistare e il relativo prezzo.
Diventa invece obbligatoria, in quei casi in cui è imposta dalla legge. Ad esempio, quando un soggetto arriva a detenere una quota della società superiore al 30% del capitale e la maggioranza dei diritti di voto in assemblea, la legge gli impone di effettuare un’offerta anche sulle azioni rimanenti. Lo stesso vale nel caso in cui una realtà detiene il 30%, senza maggioranza di diritti di voto, ma effettua acquisti superiori al 5% del capitale sociale. Infine un’OPA implica l’obbligo di acquisto delle azioni residue anche quando, un soggetto arriva a possedere il 90% delle azioni di una società quotata. In questa specifica situazione, al detentore di quel 90%, la legge impone o di vendere entro quattro mesi una buona parte delle azioni oppure di acquistare anche le rimanenti.
OPA consensuale e ostile
Ogni OPA volontaria o obbligatoria, può assumere due diverse forme: consensuale e ostile, in base alla posizione che assume il Cda della società target, rispetto all’offerta ricevuta. Si configura un’OPA consensuale, quando il Cda della società oggetto dell’operazione si mostra favorevole e lascia “campo libero” all’offerente.
L’OPA diviene ostile, quando il Cda si mostra contrario all’offerta ricevuta e quindi impedisce la scalata all’acquirente. È questo il caso in cui la società al centro dell’offerta può mettere in atto azioni difensive, finalizzate a ostacolare la mission del proponente. Può ad esempio individuare un altro acquirente che faccia una controfferta più vantaggiosa; oppure può vendere alcune attività aziendali, al fine di rendere la società meno attrattiva agli occhi del fautore dell’OPA.
OPA italiane più famose
Come riporta Wired, in Italia l’Opa esiste dal 1992. La più celebre è senz’altro la scalata di Olivetti su Telecom del 1999, finanziata con 61mila miliardi di vecchie lire. Più recenti e degne di menzione sono altresì quella di Lactalis sull’83% di Parmalat nel 2011; quella di Edizione Srl su Benetton – fatta in casa – del 2012, con la quale la holding di Benetton ha acquistato tutte le azioni, per privatizzare l’azienda. E poi c’è quella del gruppo cinese ChemChina su Pirelli del 2015, che ha portato l’ex azienda di Tronchetti Provera a scomparire da Piazza Affari.
OPAS
Infine, l’OPAS: acronimo di Offerta Pubblica di Acquisto e di Scambio, è una sorta di strumento ibrido, in quanto per acquistare le azioni di una società, l’offerente mette sul banco, sia azioni, sia denaro. È un tipo di operazione che si mostra vantaggiosa in particolare per quegli azionisti, che attraverso la vendita delle proprie azioni, si aspettano non solo di ricevere un compenso monetario, ma anche di poter diventare parte integrante di un’azienda verso la quale nutrono stima e fiducia.