Si delinea il quadro degli interventi previsti per il prossimo anno: sotto i riflettori aumenti “simbolici” delle pensioni minime e diversi incentivi per favorire chi sceglie di rimanere al lavoro, una volta raggiunta l’età per la pensione.
La nuova legge di bilancio 2025 – da 30 miliardi di euro lordi – non sembra riservare grandi sorprese dal punto di vista delle pensioni. La “rivoluzione previdenziale”, da tempo inneggiata da più fronti per la sostenibilità del sistema, non ci sarà. Previste comunque alcune novità: una mini rivalutazione delle pensioni minime e la stretta sulla rivalutazione solo per i pensionati all’estero. Confermato e detassato il “bonus Maroni” per chi è in possesso dei requisiti per Quota 103, che viene esteso a chi ha 42 anni e 10 mesi di contributi (41 e 10 mesi per le donne), per l’uscita anticipata. Incentivi anche per i dipendenti pubblici che scelgono di restare al lavoro, oltre l’attuale limite di pensionamento e fino a 70 anni.
La manovra 2025 dovrebbe introdurre inoltre la possibilità di utilizzare i fondi integrativi alimentati con il Tfr, per consentire di andare in pensione anche a coloro che a 67 anni non hanno raggiunto l’importo dell’assegno sociale con il sistema contributivo. Ridotta anche, da 12 a 16 mesi, la soglia anagrafica per le lavoratrici con almeno 4 figli.
Restano confermate: Quota 103 in versione “contributiva”, con una proroga di un anno, Ape sociale e Opzione Donna con alcune “restrizioni”. Nulla di fatto invece, per la nuova fase di “silenzio assenso”, per destinare il Tfr alla previdenza complementare.
Ecco una panoramica nel dettaglio delle misure attese per il 2025.
Aumento delle pensioni minime di 3 euro
Partiamo dalle pensioni minime, ovvero una platea di oltre 1,8 milioni di persone. Scaduto quest’anno l’incremento del 2,7%, per il 2025 è fissato un aumento del 2,2% (che scenderà poi all’1,3% nel 2026). La base su cui si calcola tale incremento però – come riporta Il Fatto Quotidiano – è quella antecedente al rialzo “straordinario” del 2,7%, maggiorata con un recupero inflazione dell’1%. Tradotto, le pensioni minime, il prossimo anno, arriveranno a 617,9 euro, rispetto ai 614,77 attuali. Un aumento dimezzato da 6 a 3 euro, dunque, che per lo Stato si tradurrà in un risparmio mensile di 5,4 milioni di euro.
Rivalutazione: stretta solo su pensionati all’estero
Scatta una stretta sulla rivalutazione delle pensioni solo per i pensionati all’estero: in concreto, non verrà corrisposta nel caso in cui i trattamenti siano complessivamente superiori al minimo Inps. Per tutti gli altri pensionati, dal prossimo anno, cesserà invece il meccanismo attualmente in vigore, che prevede tagli progressivi dell’indicizzazione sui trattamenti superiori quattro volte il minimo.
Quota 103 confermata, ma “contributiva”
Anche per il 2025, si conferma Quota 103. Potrà essere utilizzata da coloro che hanno raggiunto i 62 anni di età e 41 anni di contributi (vale la pena ricordare che la pensione anticipata non può superare quattro volte l’importo del trattamento minimo e non è cumulabile con redditi da lavoro autonomo occasionale superiori a 5 mila euro). Chi sceglie di accedere alla misura però, accetta che l’assegno sia ricalcolato interamente con il metodo contributivo e risulti dunque più basso.
A ciò si deve aggiungere il fatto che le finestre per il pensionamento si sono allungate: dopo la presentazione della richiesta, per i dipendenti privati il tempo di attesa per ricevere l’assegno è di sette mesi; per i dipendenti pubblici nove mesi. In conclusione, è possibile accedere alla pensione con 41 anni e sette (o nove) mesi di contributi e assegno ridotto.
Proroga per Ape sociale
Rifinanziata per i prossimi anni e confermata con i requisiti attuali l’Ape sociale. Potranno richiederla, coloro che hanno almeno 63 anni e 5 mesi di età e almeno 30 anni di contributi versati (può variare da 32 o 36 anni a seconda della categoria di lavoro svolto) – e che non siano già titolari di pensioni dirette – fino a che non raggiungono la pensione di vecchiaia (67 anni) o anticipata della riforma Fornero. I lavoratori interessati dovranno inoltre rientrare in almeno una delle seguenti categorie:
- Lavoratori disoccupati a seguito di cessazione del rapporto di lavoro per licenziamento, anche collettivo;
- Lavoratori che assistono un parente o un coniuge con disabilità grave;
- Lavoratori con una riduzione della capacità lavorativa, accertata pari o superiore al 74%;
- Lavoratori che svolgono da almeno sette anni negli ultimi dieci, oppure sei negli ultimi sette, attività lavorative “gravose”.
Confermata Opzione donna “selettiva”
Riconfermata anche Opzione donna, in forma “selettiva”: il beneficio sarà usufruibile dalle lavoratrici che hanno almeno 61 anni di età (precedentemente 58) e 35 anni di contributi (versati entro il 31 dicembre 2024). Devono inoltre rientrare nelle seguenti categorie:
- Sono disoccupate a seguito di cessazione del rapporto di lavoro per licenziamento, anche collettivo;
- Assistono, alla data di presentazione della domanda di pensione e da almeno sei mesi, il coniuge, la parte dell’unione civile o un parente di primo grado convivente con handicap in situazione di gravità
- Hanno una riduzione della capacità lavorativa, accertata pari o superiore al 74%;
- Sono lavoratrici licenziate o dipendenti da imprese per le quali è attivo un tavolo di confronto presso il Ministero delle Imprese e del Made in Italy (ex MISE) per la gestione della crisi aziendale.
La soglia dei 61 anni scende di un anno per ogni figlio, fino a un massimo di due anni. Anche in questo caso, l’assegno viene ricalcolato con il metodo contributivo.
Pensionamento anticipato “agevolato” dal TFR
La novità più importante della nuova legge di bilancio riguarda il pensionamento anticipato “agevolato” dal TFR, per i lavoratori interamente contributivi: in pratica, per raggiungere il tetto dell’assegno sociale, costoro potranno usufruire di una parte di quanto versato nei fondi complementari.
L’iniziativa in questione – come riporta Il Giornale – riprende in parte la vecchia Rita: “La Rendita Integrativa Temporanea Anticipata” permetteva a determinate condizioni di ricevere in modo frazionato il montante accumulato in fondi pensione integrativi, anticipando così il pensionamento. Le condizioni originali prevedevano almeno 20 anni di contribuzione, l’iscrizione da almeno 5 anni a un fondo complementare e la maturazione dei requisiti per la pensione entro 5 anni”.
Incentivi per chi resta al lavoro
È previsto infine la proroga del cosiddetto Bonus Maroni, ovvero l’agevolazione rivolta a chi decide di rimanere al lavoro, pur essendo in possesso dei requisiti per la pensione anticipata (Quota 103). Costoro potranno richiedere al datore di lavoro di trasformare in stipendio la quota di contributi a loro carico, ovvero il 9,19% della retribuzione. Quota che sarà anche detassata. Un incentivo che potrebbe essere esteso anche a chi lavora in alcune categorie del pubblico impiego e decide di restare “operativo” fino a 70 anni. Per costoro verrà eliminato l’obbligo del pensionamento d’ufficio a 65 anni.