Pare che la finanza stia attraversando un momento di imbarazzo nelle analisi circa gli NPL, Non Performing Loans. Da un lato viene richiesto l’intervento dell’europea Bad Bank per sollevare gli Istituti di Credito dal problema dei NPL, dall’altro la Banca d’Italia analizza i dati in “Crediti deteriorati e offerta di credito delle banche: uno studio sull’Italia”, giungendo alla conclusione che potrebbe non rivelarsi proficuo per i bilanci bancari liquidare gli NPL.
Nell’analisi che prende in esame i finanziamenti bancari dal 2008 al 2015 risulta che “l’offerta di credito non è causalmente determinata dal livello degli NPL”. L’analisi va anche più in profondità, determinando che “la correlazione negativa tra NPL e la crescita del credito è principalmente riconducibile a variazioni nelle condizioni economico-finanziarie delle imprese e alla contrazione nella loro domanda di credito. Allo stesso tempo, incrementi esogeni degli NPL, con i relativi aumenti negli accantonamenti, possono determinare una correzione negativa nell’offerta di prestiti.”
Insomma dal 2008 risulterebbe che sono aumentati i requisiti patrimoniali, mentre è crollato il ROE. Ciò determinerebbe una riduzione dei requisiti patrimoniali qualora si liquidino gli NPL, il che produrrebbe perdite di un certo rilievo.
La conclusione dell’analisi è, quindi, quella di viaggiare verso nuove frontiere di redditività che inducano alla creazione di nuovi servizi e che riqualifichino una crescente offerta sulla quale poter puntare.