Il senatore del Pd apre anche a un’estensione delle Gacs agli Utp
Il 16 febbraio scorso il vicepresidente del gruppo democratico al Senato, Giovanni Pittella, ha presentato un ddl sulla transazione agevolata per i crediti in sofferenza o inadempienza probabile, sottoscritto da altri 18 senatori. La proposta di legge, composta da soli 8 articoli, prevede 3 modifiche alla legislazione vigente sugli Npe. Abbiamo affrontato i contenuti e gli obiettivi del ddl direttamente con il senatore Pittella.
Quali sono gli obiettivi della sua proposta di legge?
Evitare per quanto possibile che gli effetti nefasti delle crisi susseguitesi dal 2007 in poi si vadano a sommare a quelli della pandemia ancora non tutti noti e misurati. Un termometro molto attendibile della gravità delle crisi è stato sempre l’andamento dei crediti cattivi delle banche: gli Npl. Dopo le crisi del 2007 e del 2011, l’Italia aveva raggiunto lo strabiliante livello di 365 miliardi di Npl nel 2015. Le banche hanno reagito svendendo a terzi investitori oltre 264 miliardi fino al 2020. Ma in questo stesso anno il livello complessivo degli Npl in Italia restava sopra i 340 miliardi. Averli ceduti, se ha dato un apparente sollievo ai bilanci delle banche, non ha ridotto che di molto la massa totale degli Npl. Quasi nulla. Questo significa avere un problema socioeconomico enorme che, secondo gli analisti, potrebbe lievitare ad oltre 440 miliardi di Npl nel 2022.
Da questi numeri appare evidente che la soluzione adottata, trasferire i crediti cattivi dalle banche ai fondi d’investimento, non ha risolto e non risolverà il problema. Per le banche le perdite dovute alle cessioni di Npl hanno comportato perdite molto significative che hanno reso necessarie decine di miliardi di impegnative ricapitalizzazioni. In aggiunta, il numero dei debitori in difficoltà è aumentato, invece che diminuire, nonostante molti di loro siano incolpevoli perché vittime di crisi venute da lontano. Bisogna voltare pagina una volta per tutte.
La sua proposta ricorda il Giubileo bancario, avversata dal Pd fino al 2018. A cosa è dovuto questo cambio di passo?
A onor del vero, alla fine del 2017 il Pd aveva presentato un proprio ddl sul cd giubileo bancario, primo firmatario l’on. Petrini, che, a causa della fine della legislatura non fu portato avanti al pari di quelli, tutti piuttosto simili, presentati da altri gruppi parlamentari. Io e altri 18 senatori del Pd abbiamo deciso di ritornare sull’argomento al Senato, dove in Commissione finanze si stanno esaminando altri ddl volti ad affrontare l’enorme fenomeno degli Npl che danneggia le banche, le famiglie e le imprese ogni giorno di più. La nostra speranza è che si possa ottenere la convergenza dei membri della Commissione su un testo di sintesi da presentare quanto prima al vaglio del Parlamento.
Quali benefici apporterebbe il ddl da lei presentato?
Il nostro ddl vorrebbe dare una risposta alla domanda che si fanno molti debitori in buona fede: “ Perché la banca ai cui debbo 100.000 € si rifiuta di accettare la mia proposta di saldo e stralcio pagando 30.000 € , gli unici che ho, e invece accetta di vendere il mio debito per 15.000 € ad un fondo d’investimento che continuerà a pretendere da me 100.000 € e venderà all’asta la mia casa?”.
Non è solo un problema morale. È essenzialmente un problema economico. Quando una banca cede un proprio credito a un prezzo più basso della pretesa, registra perdite fiscalmente deducibili: una parte significativa della perdita viene “finanziata” dall’Erario, cioè da tutti noi. Lo scopo della norma è anche quello di ridurre l’onere per l’Erario, essendo stabilito che il debitore possa ottenere il trattamento di favore previsto solo se paga più di quanto sia disposto a pagare il cessionario del credito. Insomma, la banca incassa di più del prezzo di mercato, registra perdite minori, e l’Erario perde meno gettito fiscale. Non solo, ma il debitore si libera del debito, torna a produrre ricchezza, a consumare ed a pagare tasse. È un circuito virtuoso, ma prima di tutto è una norma ispirata al buon senso.
Non teme che la legge da lei proposta porti con sé il rischio di moral hazard in capo ai debitori?
No, anzi, è vero il contrario. La norma si applica a sofferenze e Utp già classificati tali, dove quindi il debitore è già considerato insolvente dalle banche. Nessun comportamento opportunistico è prefigurabile. È invece vero che il moral hazard è alimentato proprio dalle cessioni massive a prezzi di molto inferiori ai valori di recupero calcolati dalle banche e rivelatisi realistici, come testimoniano gli studi della Banca d’Italia. Facciamo un esempio. Per le sofferenze le banche accantonano in media circa il 53% del valore del credito. Cioè ritengono di non poter recuperare più del 47%. Se il debitore deve vedersela con la banca, sa che ben difficilmente la banca accetterà un transazione inferiore al 47% perché dovrebbe registrare perdite ulteriori.
Ma se lo stesso credito è ceduto dalla banca a un investitore terzo al 15%, il debitore sa che se offrisse al cessionario il 30% del credito lo farebbe felice perché gli consentirebbe di incassare il 200% dell’esborso. In questo esempio il debitore avrà risparmiato il 17%.
Insomma le cessioni massive, oltre alle conseguenze negative di cui abbiamo già detto, inducono i debitori privi di scrupoli a smettere di pagare le banche sperando che queste cedano i loro debiti a qualcuno che, avendoli pagati molto poco, si può accontentare di incassare meno di quanto accetterebbe la banca. Ecco il vero moral hazard che dobbiamo impedire.
La sua proposta di legge non include un’estensione della Gacs agli Utp, spesso invocata dagli operatori del settore. Non la ritiene dunque una strada percorribile?
Le Gacs, è noto, assicurano agli investitori in Npl un determinato, non modesto, rendimento con onere a carico dello Stato. Il rischio dell’investimento lo assume il Tesoro. Se lo Stato deve sopportare oneri, dovrebbe farlo a beneficio della maggiore platea possibile di cittadini, quindi anche dei debitori e non solo degli investitori. Ecco perché nel nostro ddl è previsto un vantaggio fiscale per gli intermediari finanziari che accettino le transazioni liberatorie proposte dai debitori. Ci sembra più equo, ma anche finanziariamente più equilibrato.
Se la norma da noi proposta trovasse attuazione, allora si potrebbe anche valutare una opportuna estensione delle Gacs agli Utp. In questo modo infatti verrebbero ceduti agli investitori solo i crediti peggiori, cioè quelli per i quali i debitori non sono stati in grado di far proposte transattive accettabili in linea con il nostro ddl. Insomma, senza una norma che favorisca l’esdebitazione del debitore volenteroso, non si comprenderebbe e giustificherebbe un’ulteriore estensione delle Gacs a beneficio degli unici operatori che stanno guadagnando nel mercato dei crediti cattivi: i cessionari.