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Recupero crediti massivo delle utilities ed atti interruttivi della prescrizione

Come affrontare il mancato pagamento nel mondo del recupero crediti delle utilities: cosa dice la legge a tal proposito.
Nel mondo del recupero crediti delle utilities è sempre più ricorrente l’utilizzo di tecniche di invio massivo di solleciti di pagamento, tesi a recuperare i crediti impagati.
Il modus procedendi è, di regola, quello di inviare tali solleciti all’utente presso la sede dell’impresa (B2B) ovvero all’indirizzo di residenza della persona fisica (B2C).
In questo tourbillon di corrispondenza, capita di frequente che vengano restituiti al mittente i plichi postali, con annotazione destinatario sconosciuto.
E ciò anche nelle ipotesi in cui a tale indirizzo il destinatario mantenga la propria sede ovvero la propria residenza.
In tali casi, non può soccorrere il principio di presunzione di conoscenza, posto dall’art. 1335 codice civile (a tenore del quale: La proposta, l’accettazione, la loro revoca e ogni ogni altra dichiarazione diretta a una determinata persona si reputano conosciute nel momento in cui giungono all’indirizzo del destinatario, se questi non prova di essere stato, senza sua colpa, nell’impossibilità di averne notizia), atteso che la Corte di Cassazione ha da tempo affermato e, da ultimo, con sentenza n. 24703 del 19/10/2017, che:
La spedizione di un atto al corretto indirizzo del destinatario non è sufficiente perché possa presumersi che il destinatario l’abbia conosciuto. A tal fine è necessario che il plico sia effettivamente pervenuto a destinazione, in quanto il principio di presunzione di conoscenza, posto dall’art. 1335 c.c., rimane integrato solo in conseguenza del fatto oggettivo dell’arrivo dell’atto nel luogo di destinazione, e non opera quando l’agente postale lo abbia rispedito al mittente, attestando di non aver potuto procedere alla consegna.
In precedenza, ancor più chiaramente, Cassazione civile n. 9303 dell’08/06/2012 aveva statuito che:
La spedizione di un atto al corretto indirizzo del destinatario non basta, da sola, per presumere che il destinatario l’abbia conosciuto. A tal fine è invece necessario che il plico sia effettivamente pervenuto a destinazione, in quanto il principio di presunzione di conoscenza, posto dall’art. 1335 c.c., opera per il solo fatto oggettivo dell’arrivo della dichiarazione nel luogo di destinazione, ma non quando l’agente postale, ancorché errando, l’abbia rispedito al mittente, dichiarando essere il destinatario sconosciuto.
Appare, quindi, quanto mai necessario che – di fronte a simili ipotesi – le aziende erogatrici (e le società di recupero crediti, all’uopo incaricate) abbiano cura di provvedere all’immediato rinnovo di tali solleciti, al fine di evitare il maturarsi della prescrizione, procedendo al loro rinnovo non già tramite servizio postale (atteso l’esito negativo di tale strumento), bensì mediante l’invio di diffida di pagamento stragiudiziale, la cui notifica venga richiesta, a mani, tramite ufficiale giudiziario.
Invero, la Cassazione civile, già con sentenza n. 1019 del 19/02/1986, ebbe ad affermare che: “Al fine della costituzione in mora del debitore, mediante intimazione o richiesta scritta effettuata stragiudizialmente, qualora il creditore, come gli è consentito, ricorra alla notificazione del relativo atto a mezzo di ufficiale giudiziario, la notificazione medesima resta soggetta alle ordinarie regole fissate dal codice di rito. …”.
In tal caso, l’ufficiale giudiziario – applicando le norme in tema di notifiche previste nel codice di procedura civile – potrà eseguire (una valida) notifica, occorrendo, ai sensi dell’art. 140 c.p.c., ove il debitore sia irreperibile (ma residente in loco), ovvero ai sensi dell’art. 143 c.p.c. (e cioè nell’ultima residenza anagrafica) ove il debitore sia di residenza sconosciuta.
Con l’ulteriore precisazione che, ove l’utente sia una società, Cassazione Civile n. 2232 del 30/01/2017 ha affermato che: “In tema di notificazione degli atti processuali ad una società, il vano esperimento delle forme previste dall’art. 145, commi 1 e 2, c.p.c. consente l’utilizzazione di quelle previste dagli artt. 140 e 143 c.p.c., purché la notifica sia fatta alla persona fisica che rappresenta l’ente e non già all’ente in forma impersonale”.
Ciò che rileva, dunque, è che a fronte di un precedente (e del tutto invalido) invio di atto interruttivo tramite servizio postale, si avrà una notifica che – in quanto eseguita con il rigore delle forme del codice di procedura civile – avrà piena e legale efficacia interruttiva della prescrizione.
D’altronde, il tema è di attualità, atteso che, com’è noto, dal primo di marzo 2018, in materia di forniture di energia elettrica, la prescrizione è stata ridotta da 5 a 2 anni per le fatture ritardate e di conguaglio per l’elettricità, a seguito della emanazione, da parte dell’Arera (Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente) della delibera che dà attuazione alla previsione contenuta nella legge di bilancio 2018.
Lo stesso dicasi per le bollette di acqua e gas, per le quali la legge di bilancio 2018 ha pure previsto che il relativo diritto da parte del venditore si prescriverà sempre in due anni, così come previsto per le fatture dell’energia elettrica.
E di utilities e morosità si è pure discusso in occasione della prima Fiera del Credito, anche con riferimento all’adozione di modelli di gestione idonei a risolvere il problema delle morosità.
Ne deriva come – da una parte – si rende sempre più indispensabile che, già nella fase stragiudiziale, vengano acquisite informative al fine di individuare quale sia la sede dell’impresa utente ovvero la residenza dell’utente persona fisica; e che – dall’altra parte – non si indugi sino a rendere imminente la scadenza del termine biennale di prescrizione prima di affidare il recupero giudiziale allo studio legale, atteso che sarà proprio il legale ad apprezzare la reale efficacia interruttiva della prescrizione della lettera inviata all’utente.

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