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Recupero Crediti & Privacy: non è reato comunicare a familiari l’esistenza di un debito

La recente sentenza del Tribunale di Cagliari apre nuove prospettive sulla privacy di un debitore

La sentenza del Tribunale di Cagliari del 18 maggio 2016 n. 1912 apre nuove prospettive sulla privacy di un debitore che non è violata se si informano i familiari dell’esistenza del suo debito.

Nel momento in cui l’entità del debito non sia tale da produrre danno apprezzabile all’identità personale del soggetto e quindi alla sua privacy, la sentenza 1912/2016 del Tribunale di Cagliari rende lecito alla società di recupero crediti informarne i familiari. Non si tratta più quindi di reato del trattamento illecito di dati personali e diffusione di notizie riservate.

La sentenza in questione esaminava il caso in cui un’operatrice telefonica di una società di recupero crediti che avrebbe comunicato telefonicamente alla madre del soggetto debitore l’entità (circa 800 euro) e l’esistenza del debito del figlio che si legge nella sentenza “in caso di mancato pagamento della suddetta somma entro le 13,30 di quello stesso giorno, sarebbe stata segnalata la cosa alla Banca d’Italia”.

L’operatrice viene quindi citata in giudizio dal soggetto debitore che sostiene non solo modi coercitivi e persecutori ma anche una chiara violazione alla privacy.

Tuttavia la sentenza del Tribunale di Cagliari emette un giudizio di assoluzione, aprendo quindi un precedente, con queste motivazioni che vengono riportate nella sentenza: “L’art. 167 del D.L.vo 30 giugno 2003 n 196 (che punisce la condotta di chi procede al trattamento di dati personali in violazione alle norme di privacy al fine di trarne profitto per sé o per altri o di recare ad altri un danno) sanziona le violazioni che determinano un danno direttamente ed indirettamente collegabile e documentabile nei confronti di soggetti cui i dati raccolti sono riferiti e non anche le semplici violazioni formali ed irregolarità procedimentali e quelle inosservanze che producano un vulnus minimo all’identità personale del soggetto e alla sua privacy e non determinano alcun danno patrimoniale apprezzabile (Cassazione penale, sezione III, sentenza 9 luglio 2004 n 30134)”.

Da questa premessa riscontrando che si trattò di una sola telefonata a cui la reazione della madre fu minima, non essendoci stato danno patrimoniale né dell’identità, il Tribunale di Cagliari ha emesso la sua sentenza di assoluzione “dal reato ascritto perché il fatto non sussiste” appellandosi all’art 530 c.p.p.

La notizia ripresa anche da Il Sole 24 Ore getta quindi le basi di un precedente nei confronti del trattamento della privacy con cui ora si dovrà fare i conti.

Clicca qui per leggere la sentenza.

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