Rispetto alle banche tradizionali, le banche etiche promuovono il benessere collettivo e la sostenibilità a lungo termine. Al contrario di quanto si può pensare, quest’ultime sono solide e redditizie tanto le prime, e prediligono l’erogazione del credito al mero profitto.
Banche etiche focalizzate sull’accesso al credito di imprese e privati
Nel corso degli ultimi anni, istituzioni, aziende e consumatori hanno riposto grande attenzione al tema della sostenibilità e della responsabilità sociale. In questo contesto, si inserisce il concetto di finanza etica, un approccio che si discosta dai sistemi tradizionali di investimento e di gestione delle operazioni finanziarie. Mentre le banche tradizionali tendono a focalizzarsi esclusivamente sul profitto e sull’efficienza economica, le banche etiche intendono bilanciare l’obiettivo economico con l’impatto positivo sulla società e sull’ambiente.
Tuttavia, se finora le banche tradizionali venivano considerate più redditizie rispetto alle banche etiche, dall’ultimo report della Fondazione Finanza Etica, questo paradigma sembra essere cambiato. Lo studio, infatti, evidenzia la capacità delle banche etiche di tenere testa, in termini di reddittività e solidità, a quelle tradizionali.
In particolare, dall’anticipazione dell’ultimo “Rapporto sulla Finanza Etica”, è emerso innanzitutto come le banche etiche si focalizzino maggiormente sull’attività di erogazione del credito rispetto agli istituti tradizionali. Questa attività costituisce infatti il 70% degli attivi delle prime, contro il 51,6% delle seconde, orientate invece ad attività prettamente finanziarie.
Tuttavia, la gestione dell’attività creditizia richiede una maggiore quantità di personale e di pratiche amministrative e, di conseguenza, implica costi più alti. Per questo, il cost-to-income ratio (CIR) risulta superiore per le banche etiche, che spendono all’incirca 66 euro ogni 100 euro ricavati per gestire le proprie attività interne. Le banche mainstream, invece, ne spendono circa 53.
Resilienza finanziaria e solidità patrimoniale
Spostando l’attenzione sul ROE (utile netto/patrimonio netto), lo studio ha rilevato che dal 2013 al 2022 questo valore è sempre rimasto positivo per quanto concerne le banche etiche. Al contrario, quello degli istituti di credito tradizionali ha subito l’impatto della crisi del 2007/2008 e ha richiesto più tempo per risalire. Ad oggi, però, le grandi banche tradizionali sembrano essersi riprese dalla crisi, generando un ROE superiore a quello delle banche etiche.
Un’ulteriore differenza tra i due sistemi bancari riguarda il Tier 1, indicatore che misura la quantità di capitale necessaria ad assorbire eventuali perdite senza compromettere i depositi dei clienti. Le banche etiche hanno dimostrato di possedere un Tier 1 ratio più elevato rispetto alle banche “significative” (23,32% rispetto a 17,23%), di fatto affrontando più efficacemente le crisi.
L’impatto sociale della finanza etica
In conclusione, il rapporto sembra dimostrare che, al contrario di come si potrebbe pensare, le banche etiche sono tanto redditizie quanto le banche tradizionali. Un modello finanziario diverso da quello storico è quindi effettivamente capace di incidere sull’economia e sulla società a livello globale. Esso riesce a promuovere una visione più socialmente accettabile di “fare banca e finanza”, prediligendo gli investimenti nella green economy e in altre attività a basso impatto socio-ambientale.
Quest’ultimo aspetto marca la grande differenza tra le due tipologie di banche. Basti pensare che, nel 2023, le banche “significative” di tutto il mondo hanno finanziato l’industria bellica per una cifra pari a 2.200 miliardi di dollari. Il modello di finanza etica, quindi, non solo contribuisce a un’economia più giusta, ma promuove anche un concetto di finanza che, oltre al profitto, valorizza il benessere collettivo e la sostenibilità a lungo termine.