La legge sul copyright può essere bypassata dall’Intelligenza Artificiale? Alcuni scrittori famosi hanno fatto causa a OpenAI, azienda madre di ChatGPT, per presunta violazione del diritto d’autore.
Intelligenza Artificiale: è guerra fra gli scrittori e ChatGPT
Negli ultimi mesi ChatGPT ha suscitato roventi polemiche nel mondo della letteratura.
OpenAI, l’azienda che ha sviluppato ChatGPT, si è trovata nel bel mezzo di una bufera mediatica, e non solo, mossa da alcuni degli scrittori più conosciuti degli Stati Uniti. George R.R. Martin, l’autore di “Game of Thrones”, e Jonathan Franzen, celebre per il suo romanzo “Le correzioni”, sono solo due dei molti autori appartenenti alla Author Guild, che ritengono che OpenAI stia violando il loro copyright.
Gli scrittori hanno accusato OpenAI di aver alimentato il sistema con testi protetti da copyright, senza le autorizzazioni necessarie. La controversia ha sollevato diverse questioni sul futuro della letteratura e del diritto d’autore, poiché l’AI potrebbe minacciare tale sistema.
Secondo gli scrittori, OpenAI avrebbe alimentato il suo sistema con una vasta quantità di testi protetti da copyright, inclusi opere di narrativa, saggi e poesie, senza ottenere le autorizzazioni necessarie. Questa violazione avrebbe provocato un danno finanziario significativo per gli stessi, indebolendo il valore economico delle loro opere.
Molti scrittori sono preoccupati che questa tecnologia possa compromettere il loro lavoro e minare la capacità di guadagnarsi da vivere come autori.
L’origine della causa contro OpenAI
La controversia è nata quando ChatGPT è stato messo a disposizione del pubblico con lo pseudonimo “George”, un assistente virtuale per la scrittura.
George, che è stato addestrato principalmente sulle opere di George R.R. Martin, ha destato l’attenzione dello stesso autore quando ha cominciato a generare testi che sembravano derivare direttamente dalle sue storie. Martin si è sentito derubato del suo personaggio e ha deciso di agire legalmente contro OpenAI.
Stessa storia per Jonathan Franzen, che ha notato una somiglianza sconcertante tra alcuni dei frammenti generati da ChatGPT e il suo stile di scrittura, tanto da sospettare che l’AI avesse avuto accesso al suo “rifugio letterario”.
OpenAI ha risposto alla causa sostenendo che ChatGPT è stato addestrato utilizzando una vasta quantità di testi provenienti da varie fonti online. Tra queste sono inclusi lavori protetti da copyright, ma ha assicurato di non aver commercializzato direttamente alcuna opera sotto il copyright di specifici autori.
L’azienda sostiene, inoltre, che il modello di apprendimento di ChatGPT è alimentato da milioni di documenti disponibili pubblicamente, rendendo difficile stabilire la provenienza diretta di un particolare frammento di testo.
Gli autori sopravviveranno all’AI?
La questione sollevata da questa causa è di natura complessa e potrebbe nascondere implicazioni per il futuro della letteratura e del diritto d’autore.
Se gli autori dovessero aver successo nel far valere le proprie rivendicazioni, potrebbe aprirsi una discussione su come l’AI e l’apprendimento automatico possano interagire con le leggi sulla proprietà intellettuale.
Se, al contrario, OpenAI dovesse prevalere, potrebbe ripercuotersi sul potere dei singoli autori di controllare l’uso dei propri testi da parte di Intelligenze Artificiali sempre più avanzate.
È chiaro che questa causa legale avrà un impatto significativo sulle future interazioni tra la scrittura e il progresso tecnologico. In una realtà in cui l’Intelligenza Artificiale può generare testi simili a quelli scritti dagli umani, la sfida sarà trovare un equilibrio tra l’innovazione e la protezione dei diritti degli scrittori.