L’avvento dell’emergenza pandemica che ci ha colpito lo scorso febbraio 2020 ha determinato, nella gran parte delle imprese italiane, una “ripresa a singhiozzo”.
La ripartenza dell’economia italiana, certamente ambita da tutti noi, stenta ancora a causa di alcuni fattori. Come se “non bastasse” il forte rincaro delle materie prime, dell’energia, dei metalli, delle materie plastiche come del petrolio potrebbero generare una compressione sui margini delle imprese e dei loro cash flow.
Secondo il Dr.Barbieri, Responsabile della Direzione Analisi Economico e Finanziaria del Dipartimento del Tesoro: “la politica adottata dal Governo è stata molto importante ma, generalmente, ha determinato una crescita dell’indebitamento per le imprese italiane”.
Fino al 2019 la struttura finanziaria delle imprese si caratterizzava, prevalentemente, per una forte rigidità, ad una bassa capitalizzazione si associavano linee di credito (nelle diverse forme) spesso concesse più in funzione delle garanzie fornite meno rispetto alle reali esigenze con cui sostenere il proprio attivo circolante.
Nel 2020, a causa del crollo dei fatturati, le imprese che ne avevano disponibilità, hanno utilizzato, riducendola progressivamente, la propria liquidità.
L’assenza di mezzi propri ha spinto quindi le imprese, in primis quelle prive di una propria liquidità, a ricorrere in misura massiccia a prestiti bancari assistiti da garanzie pubbliche.
L’aumento della quota del debito bancario (così detto “credito di sopravvivenza”) sul totale del passivo ha reso più fragile la struttura finanziaria delle imprese.
Le micro e piccole medie imprese, spesso sottocapitalizzate, ma “dipendenti” da poche fonti di finanziamento, hanno mostrato una minore capacità di resilienza e competizione.
Lo scenario post-Covid si prevede radicalmente diverso rispetto al passato: aumentato il peso del debito calcolato in termini di anni di cash flow necessari per ripagarlo.
L’accesso al “credito di sopravvivenza”, nella maggior parte dei settori, prevalentemente per le micro e piccole medie imprese, non permetterebbe nuovo credito destinato a investimenti, con il rischio di tarpare le ali alla ripresa: obsolescenza di alcune produzioni come l’impossibilità di finanziare percorsi di crescita rappresentano il grande “ostacolo”.
L’evoluzione delle norme nella concessione e nel monitoraggio dei crediti, al pari del Codice della Crisi di Impresa completano uno scenario nuovo e profondamente cambiato rispetto al passato rendendo ancora più obsoleti i modelli organizzativi interni delle imprese, spesso invariati per decenni.
Le competenze, rappresentano un crescente ed imprescindibile primo vero fattore critico di successo con cui le imprese potranno guardare al futuro con una modalità dinamica e proattiva.
Non solo necessarie per costruire una efficace capacità di dialogo con gli operatori finanziari ma anche per adeguare ed efficientare i propri assetti organizzativi interni.
L’utilizzo di nuovi strumenti finanziari, il dialogo proficuo con gli investitori impone alle imprese una nuova “modalità relazionale” che permetterà loro di offrire chiarezza organizzativa, competenze integrate e diversificate, grazie alla stretta relazione tra competenze interne ed esterne.
I “nuovi” modelli organizzativi rappresentano l’evoluzione di quelli esistenti con il chiaro intento di coinvolgere le risorse interne all’azienda.
La capacità di identificare e presidiare i diversi rischi aziendali permetterà di costruire un “nuovo posizionamento ed un nuovo codice di comunicazione” verso tutti gli operatori del mercato che sono “al servizio” dell’impresa.
Per accrescere la cultura finanziaria delle imprese, soprattutto di minori dimensioni, occorre stimolarle.
Adottare assetti organizzativi adeguati puntando sui criteri della managerialità e trasparenza al fine di migliorare le performance, aumenta la reputazione e quindi il grado di fiducia.
La modalità più veloce per avviare questo processo di evoluzione diffuso in larga scala ed interno ad ogni impresa, in grado di generare i propri vantaggi ne minor tempo possibile consiste nell’avvalersi di temporary manager.
L’inserimento, nelle PMI della figura, spesso mancante, ad esempio quella del Credit Manager permette di accelerare il proprio percorso evolutivo: il presidio attivo della finanza aziendale richiede competenze specifiche e non improvvisate, grazie a queste sono molteplici i vantaggi che si possono consolidare, in primis quello di costruire e rafforzare una credit policy con cui gestire in modo sempre più dinamico la finanza di impresa.
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