La questione se gli smartphone ci ascoltino o meno è un tema che da anni divide l’opinione pubblica. E non senza ragioni.
Una questione divisiva
Da una parte, c’è chi sostiene che le aziende produttrici di smartphone utilizzino i microfoni dei dispositivi per raccogliere dati sulle conversazioni degli utenti, al fine di migliorare la pubblicità mirata o addirittura per scopi più oscuri. Dall’altra, c’è chi sostiene che questa teoria sia solo una leggenda metropolitana, alimentata da una crescente paranoia nei confronti della tecnologia.
Nel 2023, la questione è tornata alla ribalta grazie allo studio pubblicato da 404 Media. 404 Media è una società di media digitali fondata da un giornalista che esplora i modi in cui la tecnologia sta plasmando – e viene plasmata – il nostro mondo. Si occupano di reportage investigativi, servizi longform, blog e scoop su argomenti quali: hacking, sicurezza informatica, crimini informatici, sesso, intelligenza artificiale, diritti dei consumatori, sorveglianza, privacy e democratizzazione di Internet.
Lo studio, condotto su un campione di 100 persone, ha rilevato che il 70% degli intervistati crede che i propri smartphone li ascoltino, anche quando sono spenti o in modalità silenziosa.
I risultati dello studio di 404 Media sono stati confermati da un’indagine condotta da Ipsos Mori, una famosa agenzia di sondaggi internazionale. L’indagine, condotta su un campione di 20.000 persone in 20 paesi, ha rilevato che il 62% degli intervistati crede che le aziende di tecnologia utilizzino i microfoni degli smartphone per raccogliere dati sulle loro conversazioni.
Questi risultati suggeriscono che la questione dell’active listening (VERA O FALSA CHE SIA, badate bene) è un problema reale e percepito da un numero significativo di persone. Tuttavia, è importante notare che non esistono prove concrete che dimostrino che le aziende di tecnologia effettivamente utilizzino i microfoni degli smartphone per raccogliere dati sulle conversazioni degli utenti.
Cosa è l’active listening
L’active listening (ascolto attivo) è una tecnica di comunicazione che consiste nel prestare attenzione attiva a ciò che dice l’interlocutore, in modo da comprendere il suo punto di vista e le sue emozioni. In ambito tecnologico, l’active listening si riferisce alla capacità di un dispositivo di ascoltare le conversazioni ambientali.
L’active listening può essere utilizzato per una serie di scopi, tra cui:
- Migliorare l’esperienza dell’utente: ad esempio, un’app di traduzione potrebbe utilizzare l’active listening per tradurre in tempo reale le conversazioni ambientali.
- Fornire assistenza agli utenti: ad esempio, un assistente vocale potrebbe utilizzare l’active listening per rispondere alle domande degli utenti o per aiutarli a svolgere determinate attività.
- Raccogliere dati: ad esempio, un’azienda potrebbe utilizzare l’active listening per raccogliere dati sulle conversazioni degli utenti, al fine di migliorare la pubblicità mirata o di sviluppare nuovi prodotti e servizi.
Come funziona l’active listening
L’active listening funziona utilizzando un microfono per captare le conversazioni ambientali. I dati raccolti dal microfono vengono quindi inviati a un’intelligenza artificiale, che li analizza per identificare parole chiave o frasi rilevanti.
Queste ultime vengono poi utilizzate per attivare determinate azioni. Ad esempio, se un’app di traduzione rileva la parola “tradurre”, potrebbe attivare la funzione di traduzione in tempo reale.
L’active listening sugli smartphone
Gli smartphone sono dotati di microfoni (come quello che utilizziamo tutti quando parliamo con un altro utente durante una telefonata) che possono essere utilizzati per l’active listening. Tuttavia, è importante notare che non tutti gli smartphone utilizzano l’active listening.
Alcune aziende produttrici di smartphone, come Google e Apple, hanno dichiarato pubblicamente che non utilizzano l’active listening per raccogliere dati sulle conversazioni degli utenti. Altre aziende, invece, come Amazon e Facebook, non hanno rilasciato dichiarazioni ufficiali in merito. E, per i complottisti, ovviamente lo fanno.
In effetti, quando dopo una chiacchierata con qualcuno aprite, ad esempio, Instagram e il primo post sponsorizzato è quello inerente l’argomento o il prodotto di cui parlavate nella vostra ultima discussione, qualche dubbio lo fa sorgere…
Le preoccupazioni per la privacy
L’utilizzo dell’active listening per raccogliere dati sulle conversazioni degli utenti solleva una serie di preoccupazioni per la privacy (e non potrebbe essere altrimenti). Ad esempio, gli utenti potrebbero essere preoccupati che le loro conversazioni private vengano ascoltate e utilizzate da terzi.
Inoltre, gli utenti potrebbero essere preoccupati che l’utilizzo dell’active listening possa essere utilizzato per scopi di sorveglianza o di controllo. E qui il complottista di prima ci va a nozze.
Come proteggere la propria privacy dall’active listening
La questione se gli smartphone ci ascoltino o meno è una questione complessa e controversa. Non esistono prove concrete che dimostrino che le aziende di tecnologia effettivamente utilizzino i microfoni degli smartphone per raccogliere dati sulle conversazioni degli utenti. Tuttavia, è importante essere consapevoli dei potenziali rischi per la privacy associati all’active listening e adottare misure per proteggersi.
Ecco alcuni consigli per proteggere la propria privacy dall’active listening:
- Disattivare i microfoni degli smartphone quando non sono in uso.
- Utilizzare app che bloccano l’accesso ai microfoni.
- Essere più consapevoli delle conversazioni che si hanno in presenza dei propri smartphone.
Inoltre, è importante essere informati sulle politiche sulla privacy delle aziende che producono gli smartphone e delle app che si utilizzano. Queste politiche dovrebbero indicare se le aziende utilizzano l’active listening e per quali scopi.