Il decreto del governo blocca la cessione del credito e lo sconto in fattura per tutti i nuovi interventi edilizi (conosciuti come superbonus). Saranno riconosciuti solo quelli che hanno già presentato la comunicazione di inizio lavori.
Una decisione inaspettata?
La notizia sta facendo molto discutere. Vediamo di spiegare che cosa sia successo con la decisione del governo Meloni, che cosa comporta, e che cosa potrebbe succedere adesso.
A pochi giorni da un viaggio a Bruxelles della presidente del Consiglio Giorgia Meloni, il governo ha varato un decreto all’unanimità per bloccare lo sconto in fattura e la cessione dei crediti agli enti pubblici. Resta comunque valida la detrazione fiscale portata in dichiarazione dei redditi, che però richiede che prima si spenda per poi recuperare nel tempo la somma.
Che cosa cambia nel superbonus (e non solo)
Il decreto (scaricabile a questo link) è stato sostenuto da tutte le forze politiche di maggioranza, ed è già stato firmato dal presidente della Repubblica (cosa che ne denota l’assoluta urgenza). Esso interviene sulla cessione dei crediti di imposta relativi a spese per gli interventi in materia di recupero patrimonio edilizio, efficienza energetica e superbonus 110%, misure antisismiche, facciate, impianti fotovoltaici, colonnine di ricarica e barriere architettoniche.
Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, il decreto è già attivo. Non sarà, quindi, più possibile accedere allo sconto in fattura né alla cessione del credito di imposta, mentre resta la possibilità di detrarre gli importi.
In particolare, il decreto abroga le norme che prevedevano la possibilità di cedere i crediti relativi a:
- interventi di riqualificazione energetica e di ristrutturazione di primo livello per le parti comuni degli edifici condominiali, con un importo pari o superiore ai 200 mila euro;
- interventi di riduzione del rischio sismico sulle parti comuni dei condomini o nei comuni a rischio sismico 1, 2 e 3, che riguardano la demolizione e la ricostruzione integrale;
- viene infine vietato, alle pubbliche amministrazioni, di essere cessionarie di crediti d’imposta relativi agli incentivi fiscali maturati con queste tipologie di intervento.
Un bel cambiamento, davvero. Secondo le associazioni di categoria, metterebbe a rischio di fallimento più di 25mila imprese.
Chi riguarda il cambiamento? Chi ne rimane escluso?
Come già detto, il decreto va a bloccare la possibilità di sconto in fattura e cessione del credito per tutti i nuovi interventi edilizi. Sono invece salvi tutti gli interventi per cui sia già stata presentata la CILA, ovvero la Comunicazione di inizio lavori. Per i condomini, oltre alla CILA, serve anche la delibera assembleare che ha approvato l’esecuzione dei lavori.
Sarà un disastro per le imprese di costruzione?
Il settore edile, in Italia, costituisce un settore primario, e più che in altri Paesi europei.
Stando ai dati del 2020 (primo anno pandemico), il comparto dell’edilizia e delle costruzioni e il suo indotto rappresentava in Italia oltre il 6% dell’occupazione e il 4,5% del PIL.
Pur rappresentando un mercato fondamentale, nel periodo che va dal 2008 al 2017, il settore dell’edilizia ha subito una forte crisi (conseguente alla crisi proprio del settore immobiliare in USA, conosciuta come crisi dei mutui subprime); quest’ultima è stata avvertita non solo in Italia, ma in tutto il continente Europeo.
Nel decennio 2008-2017, l’occupazione nel settore delle costruzioni, in Europa, si è infatti ridotta di 3,4 milioni. Nello stesso periodo, in Italia, la riduzione è stata pari a circa 400.000 posti di lavoro. Si è passati da circa 1,9 milioni di addetti a 1,5 milioni. Sul lato dell’età, si stima che il 73% dei lavoratori avesse tra i 15 e i 34 anni. A livello territoriale, il 44% dell’occupazione si è persa nel Nord, il 40% nel Mezzogiorno e il 16% nel Centro; in Sicilia si è persa quasi la metà dei posti di lavoro, in Liguria solo il 4%.
I Paesi europei hanno rincominciato a registrare un discreto aumento degli occupati nel settore edile dal 2015; l’Italia negli ultimi anni ha segnato un timido aumento degli occupati, e nel 2020 contava circa 1,555 milioni di occupati nell’edilizia.
E’ quindi evidente che la misura del superbonus, misura di incentivazione introdotta il 19 maggio 2020 dal governo Conte II, aveva il dichiarato scopo di dare una mano al settore.
Ma una misura di incentivazione è proprio questo: solo un incentivo, e non deve essere affatto considerata come permanente.
La situazione dei cantieri del superbonus
L’opinione di ANCE sull’abolizione del superbonus
“Se il governo blocca l’acquisto dei crediti da parte degli enti pubblici, che si stanno facendo carico di risolvere un’emergenza sociale ed economica sottovalutata dalle amministrazioni centrali, senza aver individuato ancora una soluzione strutturale, migliaia di imprese rimarranno definitivamente senza liquidità, ed i cantieri si fermeranno del tutto con gravi conseguenze per la famiglie”.
Questo è quanto ha dichiarato la presidente dell’Associazione Nazionale Costruttori Edili (ANCE), Federica Brancaccio, ed ha aggiunto: “Non posso credere che il governo pensi di fermare il processo di acquisto dei crediti da parte delle Regioni senza prima aver individuato una soluzione strutturale che eviti il tracollo”.
Brancaccio ha infine sottolineato come i crediti già in attesa di essere acquistati ammontino a più di 15 miliardi, per un totale di oltre 25 mila imprese in pericolo di rimanere senza liquidità e, quindi, a rischio fallimento.
La schiarita dopo giorni convulsi
Ma dopo svariati giorni in cui parecchi hanno protestato per il termine di questa misura straordinaria, ecco il “colpo di scena” (facilmente prevedibile): il governo cede alle pressioni delle associazioni di categoria e delle banche, ed apre non solo spiragli di dialogo, ma addirittura a porre rimedio agli effetti negativi della cessione del credito correlata ai bonus edilizi.
Sono i risultati emersi dall’incontro di lunedì 20 febbraio a palazzo Chigi: le aperture governative sono apprezzate dalle imprese, che comunque chiedono di più.
Le scelte
La strada degli F24 per sbloccare il nodo dei crediti incagliati e l’ipotesi di mantenere la possibilità della cessione per i lavori legati al post sisma e gli incapienti.
E’ questa la doppia apertura del governo sul tema caldo del superbonus, su cui invece c’è la conferma del cambio di rotta impresso dal decreto varato venerdì 17 febbraio in CDM: i bonus edilizi restano solo nella forma delle detrazioni d’imposta dalla dichiarazione dei redditi.
Un’apertura accolta con favore dalle associazioni di categoria, che però si dicono soddisfatte a metà e sperano ancora che altri correttivi arrivino dalla conversione del decreto in Parlamento.
Al tavolo hanno partecipato il sottosegretario alla presidenza Alfredo Mantovano, i ministri dell’Economia Giancarlo Giorgetti, dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, e la sottosegretaria all’Industria Fausta Bergamotto. Prima sono stati ricevuti ABI, SACE e CDP, e poi le associazioni di categoria.
Dopo il decreto legge approvato lo scorso 16 febbraio e la riunione di oggi, il prossimo passo è un tavolo tecnico con le associazioni di categoria sui cosiddetti ‘crediti incagliati‘, cioè i crediti maturati e che il sistema bancario ha difficoltà ad assorbire.
Il tavolo ha lo scopo di individuate norme transitorie al fine di fornire soluzioni nel passaggio dal regime precedente al decreto legge a quello attuale, tenendo conto della situazione delle PMI e delle imprese che operano nelle zone di ricostruzione post-sisma.
Al momento, perciò, secondo quanto riferito dai partecipanti, la strada è una soltanto, mentre non si valuta di percorrere le altre ipotesi ventilate in questi giorni, dalle cartolarizzazioni al ricorso a CDP, fino all’aiuto delle partecipate dello Stato, come ENI ed ENEL.
L’altra apertura fornita dal governo, come detto, riguarda gli incapienti e i redditi bassi, che potrebbero continuare ad usufruire della cessione del credito per tutti i bonus edilizi.
Nelle prossime settimane, Eurostat e Istat, conferma la Commissione Ue, “decideranno insieme” come considerare i crediti generati dal Superbonus nel calcolo del deficit.